C’erano rumor che davano per spacciata la grande società nipponica ma a quanto pare Capcom non è proprio pronta a diventare parte della famiglia Sony Playstation e anzi fa un annuncio importante.
Il publisher infatti sta attraversando un momento veramente d’oro con il quinto anno consecutivo segnato da profitti importanti. Per questo, forse anche ispirato dalla decisione presa da un altro colosso nipponico, Bandai Namco, ha deciso di aumentare la paga minima degli sviluppatori di un buon 30%. E in questo ha superato anche Bandai Namco che aveva invece annunciato un aumento del 25%.
L’anno di Capcom appena concluso si prospetta ottimo e prosegue la striscia positiva degli ultimi cinque anni, tenuti su sicuramente da Monster Hunters e dai vari capitoli di Resident Evil che sono riapparsi. Si tratta di una ottima notizia anche perchè sono proprio gli sviluppatori, intesi come singoli, che permettono alle grandi compagnie di macinare i milioni che registrano. Sarebbe anche ora che venisse loro riconosciuto uno status di lavoratore migliore.
Capcom, cambiamenti in tutte le risorse umane
L’annuncio di un aumento della paga minima dei suoi developer (per ora si tratta comunque di una decisione che riguarda solo chi lavora in Giappone ma speriamo si possa ampliare anche alle sedi satellite) arriva nell’ambito di un annuncio un po’ più complesso che riguarda una completa riorganizzazione del reparto risorse umane in modo da rendere più facili i rapporti tra dirigenti e impiegati.
I rumor quindi che davano Capcom pronta ad arrendersi e a farsi inglobare da Sony Playstation erano, come succede ogni tanto, solo rumor. Anche perchè, in realtà, Capcom ha ora un piccolo ma èpotente alleato che ha acquisito un 5% di azioni: il Fondo ufficiale dello Stato dell’Arabia Saudita. Sui social la notizia dell’aumento delle paghe è stata accolta positivamente dai fan dei prodotti Capcom. Qualcuno ricorda che se gli sviluppatori sono felici (il che significa pagati come si deve e non solo spremuti fino al midollo) lavorano meglio e quindi anche i giochi ne risentono positivamente.
Una posizione che ovviamente sposiamo. Tutto il settore dell’entertainment, molto immateriale nei suoi risultati, ha bisogno di riconoscere che alla base non ci sono macchine che sfornano stringhe di codice e modelli 3D ma esseri umani che hanno una passione e non si può continuare a pagarle in noccioline con la scusa che stanno facendo il lavoro che hanno sempre sognato.