Abbiamo seguito la vicenda del magazzino Amazon in Alabama, a Bessemer, dove un gruppo di operai ha deciso di indire votazioni per decidere se dovesse o meno nascere dentro lo stabilimento un sindacato. Oggi dopo due mesi di voto on-line sono arrivati risultati.
I lavoratori Amazon dello stabilimento dell’Alabama hanno deciso che non vogliono un sindacato. La prima reazione potrebbe essere quella di pensare che in fin dei conti le condizioni di lavoro dei dipendenti Amazon non sono così brutte. Ma dietro e soprattutto intorno a queste votazioni c’è molto di più.
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Cominciamo con i numeri. Nello stabilimento di Bessemer in Alabama anno votato poco più di 2500 persone. Il voto è avvenuto tramite posta a causa delle restrizioni dovute alla pandemia e si è svolto in un tempo decisamente lungo: 2 mesi. Il risultato finale è che 738 voti sono stati a favore dell’ingresso dei sindacati mentre 1798 sono stati i voti contrari. Amazon, chiaramente, sembra aver vinto e in una lunga dichiarazione pubblicata dopo i risultati ha scritto: “i nostri impiegati hanno sentito molti più messaggi contro Amazon dai sindacati, dai media e da chi scrive le policy di quanti ne abbiano sentiti da noi. E non ha vinto Amazon: i nostri impiegati hanno scelto di votare contro l’ingresso di un sindacato“.
I messaggi anti Amazon cui la dichiarazione ufficiale fa riferimento, e che sarebbero venuti non da dentro Amazon ma dai sindacati, ci verrebbe da aggiungere brutti e cattivi, sono quelli che, sentendo invece chi ha provato a portare il sindacato dentro il colosso delle vendite online, sono stati propinati proprio ai lavoratori dalla stessa società ma sottobanco.
Amazon, infatti, ha portato avanti una propria campagna antisindacato durante le votazioni, secondo i racconti di alcuni lavoratori. Si sarebbero organizzati incontri in piccoli gruppi o addirittura dei faccia a faccia con singoli lavoratori durante i quali si sarebbe chiarita la posizione antisindacato della società. Questi incontri, chiamati captive audience meetings, sarebbero avvenuti a ciclo continuo e sarebbero stati accompagnati anche da una quantità imbarazzante di messaggi di testo inviati sempre ai lavoratori per spingerli a votare no dicendo, per esempio, che anche i lavoratori che non avessero voluto unirsi al sindacato avrebbero dovuto pagare la tassa per entrarvi.
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Interrogata su questo punto in particolare, Amazon tramite i suoi portavoce ha risposto che in realtà la compagnia “ha istruito per aiutare gli impiegati a comprendere cosa significhi unirsi a un sindacato”. Nonostante la sconfitta c’è chi vede il voto come un passo avanti a prescindere. Anche perché negli Stati Uniti si sta lavorando al Protecting the right to organize Act, chiamato PRO Act, che dovrebbe facilitare proprio la creazione di sindacati e riequilibrare il potere all’interno delle società tra datori di lavoro e lavoratori.
Se c’è un pregio in tutta questa vicenda è sicuramente il clamore che ha scatenato a livello globale rivelando alcune politiche aziendali che minano la dignità umana e che dovrebbero far riflettere i consumatori prima di cliccare “Aggiungi al carrello”.
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