Arcane su Netflix si sta rivelando un successo clamoroso: sono uscite solo le prime tre puntate e hanno già fatto performance straordinarie in termini di numeri di visualizzazioni. Il futuro quindi sembra proprio destinato a unire sempre più i videogiochi, e in particolare i videogiochi Riot al mondo delle serie tv.
Parte del successo di Arcane, la serie ispirata a League Of Legends, deve essere il fatto che il team di Riot ha anche deciso di riscrivere da zero il modo in cui i developer possono interfacciarsi con chi produce per il cinema o per il piccolo schermo.
Il modello Riot è infatti un modello di collaborazione che però ha lasciato nelle mani di chi conosceva in maniera molto approfondita la materia originale le decisioni più importanti, per poter così restituire ai giocatori /fan un’esperienza allo stesso tempo nuova ma familiare. E con questo loro modello che qualcuno potrebbe definire un po’ da maniaci del controllo hanno invece dato vita ad un prodotto che potrebbe tranquillamente rivelarsi il primo capitolo in un vero e proprio Runeterra Universe alla stregua del Marvel MCU.
Arcane, su Netflix fioccheranno i videogiochi
Prima di decidere di fare un po’ di testa loro, quelli di Riot hanno cercato, questo è il racconto che ne fa il co-fondatore Marc Merrill, di seguire la strada tradizionale ovvero di creare un concept e di andare dagli studi che si occupano dei prodotti per la televisione e cercare di trovare produttori e registi.
Alla fine però a diventare showrunner sono stati Christian Linke e Alex Yee. Entrambi nella società e nel team di League of Legends da tantissimi anni. Nessuno dei due con la benché minima esperienza nel settore della televisione.
E a quanto pare si tratta di una formula vincente. Anche perché, andando a guardare la questione dall’altro lato cioè dalla parte di Netflix abbiamo le parole della Executive Shauna Spenley ,che si occupa proprio di un dipartimento che comprende una divisione dedicata ai giochi supportati da una storia per espandere il brand League Of Legends oltre i videogiochi, cercando di creare quindi prodotti che interessino chi, e come ricorda lei sono tantissimi, passa ore sui social e sui servizi di streaming a guardare proprio altre persone che giocano.
E infatti Shauna Spenley dichiara: “credo che la prossima grossa IP verrà dei videogiochi. Credo che i giochi diventeranno in definitiva il centro della nostra cultura, l’intrattenimento e i prodotti che li circondano saranno di complemento al gameplay”.
Non che in futuro vedremo videogiochi che assomigliano a serie tv o serie TV gestite come dei videogiochi in cui il pubblico decide chi vive chi muore (anche se questo potrebbe essere un concept per una prossima e discussa serie coreana), ma sicuramente saranno sempre di più gli studi di sviluppo che abbracceranno l’idea di espandere il proprio universo, alle proprie regole e con i propri talenti, oltre le console.
Qualcuno a questo punto potrebbe storcere il naso, pensando che si tratti di una scorciatoia per non creare contenuti con idee nuove ma se pensate che alla fine neanche la Bibbia era un’idea del tutto originale è chiaro che il cercare a tutti i costi il prodotto nuovo e innovativo alla lunga non è sostenibile.
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Quello che come videogiocatori e come videogiocatrici e come fruitori e fruitrici di prodotti vogliamo invece non è tanto l’uovo di Colombo ma il percepire che quello che guardiamo è un prodotto pensato e curato e non soltanto un modo becero di fare soldi o di farsi pubblicità.