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Assassin’s Creed Unity – la recensione

Dopo sette anni di presenza così intensa e massiccia sulla scena del videogioco, la serie di Assassin’s Creed correva un grande rischio (non a caso emerso con gli ultimi episodi, in particolare AC III), cioè quello di smarrirsi in se stessa in un duplice senso: ripetersi troppo, quindi annoiando il pubblico, ma anche snaturarsi andando a cercare chissà quali variazioni sul tema. Sembra un paradosso, me ne rendo conto, ma la ballata di Connor racconta proprio questa storia. Ebbene, fanatici del Culto e semplici appassionati di action adventure, in alto i cuori: è tempo di gioire, perché in quel di Montreal, gli artisti degli studios Ubisoft hanno compiuto l’impresa più difficile nel modo più giusto, dando alla luce il miglior Assassin’s Creed di sempre, un gioco degno di segnare una tacca non solo nella serie ma anche nel genere che rappresenta. E per moltissime valide ragioni.

Affascinante, spiritoso al punto giusto, dal temperamento acceso, Arno vivrà una storia che non potrà lasciarvi indifferenti.

Tanto per cominciare, AC Unity è un’opera di nuova generazione. Finalmente, niente più papocchi cross-gen destinati a scontentare un po’ tutti: qui si spinge sulle potenzialità delle nuove console nel modo più corretto, cioè utilizzando la loro forza bruta in maniera strumentale al gameplay. In Assassin’s Creed, questo aspetto si traduce nell’espansione e rafforzamento del vero coprotagonista del gioco: l’ambiente. La Parigi di Unity è la città next gen, poche chiacchiere. E chi ha gridato al miracolo per Watch Dogs non ha più scuse: qui siamo davvero su un altro livello… ed era ora. Folle inferocite, cittadini intenti nel lavoro, fiumane di persone che inondano strade e piazze. L’esperienza è mozzafiato, tanto più che il gioco, come ben sappiamo, utilizza a fondo queste meccaniche, ne vive, si costruisce attorno a esse. Ma non è tutto: Unity recupera e rilancia a livelli ancor più alti tutte le caratteristiche che resero la serie così amata dai videogiocatori di tutto il mondo. Il senso di verticalità è semplicemente stupefacente, e quando scalerete le guglie più alte della capitale transalpina per poi sincronizzare un’area, resterete a bocca aperta, colpiti dalla potenza visiva del titolo Ubisoft, forte non solo di un comparto tecnico notevolissimo ma anche (e soprattutto, direi) di una direzione artistica memorabile, che a mio avviso supera persino il lavoro svolto per la trilogia del Rinascimento di Ezio Auditore.

Non solo è stato migliorato e semplificato (in modo intelligente) il sistema di navigazione acrobatica, ma sono stati rafforzati gli elementi di personalizzazione del nostro alter ego.

Ezio, appunto. Ricordate la sua simpatia, il suo fascino, il carisma che emanava? Dopo una parentesi fin troppo lunga con protagonisti più spenti e grigi (non me ne vogliano i fan degli altri assassini ma, dopo Altaïr ed Ezio, eravamo scivolati più in basso), torniamo ai fasti di un tempo grazie a un eroe perfetto per il setting e per la serie. Arno Dorian, doppiato splendidamente da Massimo Di Benedetto, è il nuovo Ezio. Affascinante, spiritoso al punto giusto, dal temperamento acceso, Arno vivrà una storia che non potrà lasciarvi indifferenti, dal primissimo momento di gioco nei suoi panni (che no, non corrisponde all’incipit di Unity) fino alla grandiosa conclusione del capitolo. Evitando rigorosamente ogni tipo di spoiler (sarebbe un atto criminale in una serie come AC), mi limiterò a sottolineare come Ubisoft abbia gestito molto meglio il rapporto tra struttura fantascientifica dell’opera e ricostruzioni virtuali storiche, introducendo dei “cambi di tempo” in grado di iniettare adrenalina a fiumi e tenere alle stelle l’interesse del giocatore per tutta la durata dell’avventura, che si conferma vasta, vastissima, immensa. Sarete letteralmente spinti a godere di tutte le missioni extra e di tutte le opportunità che il gioco vi offre, perché tutto contribuirà a immergervi sempre più nello spirito di Unity e a rafforzare il gameplay.

Unity ha le sue pecche, ma si tratta di questioni marginali, che non inficiano l’esperienza oppure che contraddistinguono in generale la serie Ubisoft.

Ubisoft Montreal ha infatti lavorato alla struttura di gioco di AC Unity ancor più che al suo comparto estetico: non solo è stato migliorato e semplificato (in modo intelligente) il sistema di navigazione acrobatica, ma sono stati rafforzati gli elementi di personalizzazione del nostro alter ego. Ciò non porta a complicazioni, ma anzi a un graduale e progressivo assorbimento del giocatore nel personaggio, che diventa sempre più parte di noi stessi. Eccellente poi la Lama Fantasma: provare per credere. Grandissime anche tutte le abilità da acquisire per rendere Arno più performante, sia come combattente che come “ombra tra le ombre”. Il gioco, non a caso, è perfettamente bilanciato: non è facile né frustrante, è semplicemente gratificante. Si gioca e nel farlo si impara a giocare meglio, progredendo e divertendosi sempre di più, mentre montano l’epicità e la drammaticità storica in un crescendo che non teme rivali.

Il senso di verticalità è semplicemente stupefacente, e quando scalerete le guglie più alte della capitale transalpina per poi sincronizzare un’area, resterete a bocca aperta.

Gioco perfetto? No, non direi. Unity ha le sue pecche, ma si tratta di questioni marginali, che non inficiano l’esperienza oppure che contraddistinguono in generale la serie Ubisoft. Da una parte, infatti, il titolo presenta qualche inciampo grafico: una volta (una sola, sia chiaro) mi è capitato di incastrarmi tra le pareti di un ambiente e dover ripartire dall’ultimo checkpoint, mentre più frequenti sono i casi di calo di fluidità, apparizione davanti ai vostri occhi di personaggi o parti dell’ambiente o, ancora, di nemici come paralizzati in un tremore perpetuo. Tranquilli. Posso assicurarvi che si tratta di piccole questioni tecniche talmente marginali e minime rispetto alla grandeur dell’opera da non farvi neppure storcere il naso per un attimo, a meno che non facciate parte di quel ristretto gruppo di porn gamer che valutano un videogioco in base alla qualità di una texture o al suo frame rate, neanche fossero i soli e unici valori assoluti della game industry. Anche perché, è bene ribadirlo, Unity è anche tecnicamente un titolo solidissimo e massiccio, un titano che teme, allo stato attuale, ben pochi confronti (sia su PS4 che su Xbox One, tanto per essere chiari).

L’altro limite di Unity che potremmo evidenziare è che, dal punto di vista narrativo, si limita a muoversi sulle linee della serie, senza compiere un reale balzo in avanti in termini di maturità e densità concettuale. Siamo sempre al Dan Brown interattivo, più che ai Borgia televisivi di Tom Fontana, ma questa è in realtà una precisa scelta del publisher, che è ampiamente ripagato dai consensi di pubblico. Del resto, sebbene possa rimanere il rammarico di non avere un titolo davvero adulto (dato il setting storico, sarebbe stato devastante), è anche bello pensare che questa serie avvicina tantissimi ragazzi alla storia e alla cultura, un autentico primato all’interno di una game industry che, lo sappiamo bene, è ancora molto infantile.
In definitiva, Assassin’s Creed Unity è la Rivoluzione che racconta. È puro slancio cinetico lungo una storyline avvincente ed epica, un’avventura straordinaria e coinvolgente in grado di convertire alla serie anche i più scettici e capace di mostrare (finalmente!) perché abbiamo in casa una nuova console. Allo stato delle cose, non comprare questo titolo è un crimine. Punibile con la ghigliottina.

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