Gli NFT sembrano starsi facendo sempre più largo nel mondo dei videogiochi, e a moltissime persone questo non piace. Come all’autore del GOTY 2021.
Il mondo dei videogiochi è soggetto a continue ed importanti evoluzioni, che ogni anno rimescolano completamente le carte e fanno progredire l’intera industria e non solo. Il progresso tecnologico nel gaming, infatti, cambia anche altri settori e induce a delle modifiche sostanziali in altri ambiti, anche non strettamente collegati alla tecnologia. Ovviamente la cosa funziona anche al contrario e la nuova moda del momento, purtroppo, sono gli NFT.
Si parla dei Non-Fungible Token, ovvero di file unici e che non possono essere copiati, che si diffondono solo e soltanto tramite la Blockchain, che garantisce quindi una gestione sicura e ottimale delle risorse come bitcoin e proprio NFT. In questo modo un quadro unico, che esiste nella realtà, può essere trasformato in un NFT altrettanto unico, che esiste in quella complessa e stratificata realtà che è il web di oggi.
Gli NFT sempre più diffusi nei videogiochi
Questo tipo di file si sta diffondendo anche nel mondo dei videogiochi, con le case videoludiche di maggior successo che stanno creando degli NFT per i giocatori. Tramite degli oggetti a pagamento a prezzi assolutamente spropositati, o degli oggetti che si sbloccano soltanto dopo centinaia di ore a grindare, gli NFT hanno il potenziale per essere la nuova frontiera dei guadagni per gli sviluppatori.
A non sentire il bisogno degli NFT nei videogiochi è il director di un videogiochi che non solo è piaciuto a molti, ma che ha anche vinto il titolo di GOTY 2021, il gioco dell’anno. Parliamo di Josef Fares, fondatore di Hazelight Studios e autore di It Takes Two. Intervistato dal The Washington Post, Fares ha ammesso che: “Preferirei ricevere un colpo di pistola nel ginocchio piuttosto che piegarmi agli NFT”.
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Come al solito, poi, non ha risparmiato una critica all’intera industria videoludica, che continua a trovare nuovi modi per mortificare un medium che merita rispetto. “Per un CEO di una società grande tutto ciò potrebbe essere naturale, ma per, e puoi chiamarmi anche stupido, il gaming è una forma d’arte“, ha concluso.