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Baldur’s Gate: Siege of Dragonspear – La Recensione

Ogni tanto ritornano, e questa volta è proprio il caso di dirlo.
Nel 1998 una piccola casa produttrice canadese, nata poco tempo prima, lanciava sul mercato uno dei più importanti (e col tempo conosciuti) GDR di tutta la storia videoludica, Baldur’s Gate.
E oggi, dopo quindici anni di attesa, tutti gli amanti della saga Bioware, me compreso, possono gioire… o forse no. Poche settimane fa è infatti stata rilasciata una nuova espansione, Siege of Dragonspear (al prezzo di 19.99 euro), per questo meraviglioso gioco e caposaldo del mondo RPG odierno.
Ambientata a metà tra la fine del primo e l’inizio del secondo capitolo della serie, Siege of Dragonspear si pone come obbiettivo quello di farci meglio comprendere gli avvenimenti che hanno portato alla nostra incarcerazione, dopo la ”falsa” morte del nostro fratellastro e acerrimo nemico Irenicus.

Dopo aver scelto se importare o meno un salvataggio del nostro personaggio ci ritroveremo in un dungeon con Imoen come guida al fianco del Pugno Fiammeggiante, il nostro obbiettivo quello di sterminare gli ultimi rimasugli dell’esercito di Irenicus. Una volta finita questa pre-quest verremo poi a conoscenza dell’esistenza di una grave minaccia. Caelar Argent infatti, al capo di una rivolta partita dal Nord dei Forgotten Realms, sta minacciando la Costa della Spada e quindi anche la città a noi tanto cara, Baldur’s Gate. Saremo quindi chiamati ancora una volta a salvare la situazione, ponendo fine a questa ”crociata” e riportando, di nuovo, la pace nei Reami.
Mettendo da parte la storia, ci sono due modi in cui questo gioco può essere analizzato, da veterano Fanboy affezionato alla serie in ogni sua forma, e da critico videoludico vincolato ai fatti e alla loro oggettività.
Perché dico questo? Perché il titolo di per sé sì, ”ci può stare” (passatemi il termine gergale), è valido, discretamente realizzato, ben curato nella trama e tutto quello che volete, ma la verità è che gli anni sono passati, tanto per noi quanto per i videogiochi. Quello che magari una volta appariva ai nostri occhi e al nostro cuore come un capolavoro, adesso lascia un po’ l’amaro in bocca, e non perché contenga strafalcioni, ma semplicemente perché ci siamo abituati ad avere di meglio. E ragazzi, ve lo sto dicendo da Fanboy. Non so quante ore io abbia speso sopra quel CD, sopra la sua prima espansione e sopra al secondo capitolo, ma siamo franchi, era un altra era. A ripensarci a volte ho persino fantasticato su Jaheira… mhhhhh…
Siege of Dragonspear porta numerose novità alla saga, non tutte positive.
Prima fra tutte vi è la modalità Storia, già vista in Icewind Dale: Enhanced Edition, che permette a chiunque voglia semplicemente godersi le vicende di queste nuove 25 ore di gioco di farlo senza preoccuparsi troppo dei combattimenti. Rimanendo sul tema, il sistema di combattimento risulta per la maggior parte invariato, per quanto tuttavia il numero di avversari con cui ci troveremo a confrontare in ogni battaglia sia drasticamente aumentato, dandoci finalmente la possibilità di sfruttare tutti quei poteri speciali e quelle magie di ”Crowd Control” che risultavano, a conti fatti, totalmente trascurabili nel gioco originale.

Il titolo di per sé sì, ”ci può stare”, è valido, discretamente realizzato, ben curato nella trama e tutto quello che volete, ma la verità è che gli anni sono passati, tanto per noi quanto per i videogiochi.

Avremo comunque sempre la possibilità di evitare una buona parte degli scontri facendo appello alle nostri doti dialettiche, anche se purtroppo l’influenza ”moderna” è andata un po’ a minare questa parte del gioco. Se infatti nel titolo base e nella prima espansione, le scelte a nostra disposizione per strutturare un dialogo erano tantissime e a volte potevano addirittura provocarci fragorose risate a causa delle situazioni comiche che si potevano venire a creare, questa volta ci troveremo nella maggior parte dei casi con tre possibili soluzioni per avanzare nel dialogo, una buona, una neutrale e una cattiva. Una limitazione che, per un RPG di stampo così classico, non può sicuramente essere vista di buon occhio e che sicuramente diminuisce la godibilità del prodotto, soprattutto per i giocatori affezionati alla serie. Altra pecca stilistica che farà sicuramente storcere il naso alla maggior parte dei giocatori è l’improvviso cambio di carattere di molti personaggi. Nuovi autori nuovi comportamenti… e ai fan chi ci pensa? Non fraintendetemi eh, i dialoghi sono buoni, ben curati fino all’ultima riga di testo e divertenti, ma non rispecchiano completamente l’anima del ”vero” Baldur’s Gate. E a Boo questo non piace.
Un altro elemento che mostra quanto effettivamente Siege of Dragonspear sia diverso dall’originale sta nell’approccio alle aree di gioco. Se infatti in Baldur’s Gate potevamo decidere di trascurare completamente la quest principale, esplorando a piacimento ogni singola area della mappa, per trovarci magari a dover scappare da un orda di ghoul troppo forti per le nostre capacità all’interno della Torre di Durlag, tale scelta ci viene preclusa in questo nuovo capitolo. Una volta avanzati con la trama infatti non avremo più la possibilità di rivisitare le mappe del capitolo precedente, limitando di gran lunga le scelte a nostra disposizione.
Anche il Diario risulta abbastanza trascurato, ”rifiutandosi” a conti fatti di registrare una discreta parte delle nostre missioni o addirittura segnandole in modo errato.

Siege of Dragonspear si pone come obbiettivo quello di farci meglio comprendere gli avvenimenti che hanno portato alla nostra incarcerazione, dopo la ”falsa” morte del nostro fratellastro e acerrimo nemico Irenicus.

Sul lato prettamente tecnico il gioco non riesce a eccellere: per quanto possiamo infatti notare discreti miglioramenti rispetto all’originale sia sul piano grafico che sonoro, l’Engine Infinity sul quale il gioco è basato riesce a mostrare appieno i suoi limiti, con bruschi cali di FPS durante i combattimenti più affollati e crash non proprio graditi.
E arriviamo quindi alla fase finale, al verdetto…
Sinceramente ragazzi, non so cosa dirvi. Sono allo stesso tempo contento e rattristato. Contento perché comunque mi ha fatto piacere vivere nuove avventure all’interno dei Forgotten Realms con i personaggi che mi hanno accompagnato durante alcuni dei miei primi anni da videogiocatore; rattristato perché probabilmente si sarebbe potuto fare meglio, molto meglio. A conti fatti, non so nemmeno se consigliarvelo o meno, anche su questo fronte sono veramente combattuto. Come faccio a consigliare a lettori magari affezionati quanto me alle vicende degli eroi di Baldur’s Gate un titolo che non è neanche lontanamente l’ombra dell’originale, della leggenda e della gloria che quella città, quel nome, rievoca nelle nostre menti? Eppure è anche vero che stiamo sempre parlando di un espansione, per quanto artisticamente molto diversa dall’originale, di uno dei videogiochi più conosciuti del suo genere di tutti i tempi. Per citare un mio caro amico e collega, forse è proprio vero che ”a volte è meglio lasciare un gioco nel passato, conservandone un bel ricordo”.

admin

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