I bambini sono di certo tra i fruitori di videogiochi più assidui e presenti ed è per loro, per esempio, che tante entità statali e tanti developer e publisher stanno lavorando per rendere l’esperienza di gioco più sicura ma cosa fare quando dentro un videogioco sono i ragazzini stessi a truffarsi tra loro?
Sembra la trama di un racconto distopico e invece è il risultato di una indagine condotta dal collega Luke Winkle che sta lasciando senza parole ma con un ottimo argomento chiunque pensi che i bambini dovrebbero giocare solo con i giochi a loro destinati ed essere tenuti alla larga per quanto possibile da giochi che monetizzano oltre il prezzo del pacchetto iniziale.
Stiamo ancora parlando di loot box? Sì e no. Ma non si può negare che, messi in una condizione per cui il gioco è solo un gioco e non ci sono dollari, euro o qualunque altra valuta da trasformare in fantasiosi token, si ridurrebbero anche le possibilità per questi baby criminali di truffare altri giocatori. Parte del (de)merito va di certo alla tecnologia e una parte anche alla mancanza di attenzione da parte dei genitori. Tutto va valutato e messo sul piatto.
Dentro la giungla di Roblox, dietro i cubetti innocenti
A parte i giochi di dubbio gusto che la mente umana può partorire a qualunque età dentro Roblox nessuno avrebbe forse pensato di trovare davvero un intero sottobosco, gestito attraverso Discord, di giovani e giovanissimi che invece di passare il tempo a giocare o a creare passano le giornate a mandarsi screenshot dei profili in cui sono riusciti ad entrare e che poi hanno ripulito. Non solo dei Robux presenti ma anche dei soldi reali collegati alle carte di credito e ai conti in banca usati dalle vittime.
Il resoconto che Winkle di IGN fa è raccapricciante ma non bisogna fermarsi all’orrore per aver scoperto che esistono preadolescenti che a 13 anni riescono a campare di cose comprate online con i soldi degli altri. I borseggiatori, le gang dei giardini pubblici, il ragazzo o la ragazza che a scuola ti spintona finchè non molli la merenda o i due euro per la macchinetta. Realtà che esistono ma che online diventano un problema enorme. Perchè online non c’è neanche l’ombra del controllo da parte dei genitori, incapaci a loro volta anche solo di fare le domande giuste e che cliccano su accetta senza leggere, per poi scoprire che il pargolo o la creatura hanno speso migliaia di euro o di dollari per oggettti cosmetici di un mondo virtuale.
Roblox è solo un esempio
Parlare di Roblox come di un crogiuolo di criminali sarebbe ingiusto ma la piattaforma su cui i piccoli giocatori e le piccole giocatrici dovrebbero scoprire la gioia del dare fondo alla creatività non è, ed è evidente, un posto così sicuro come vorrebbe far credere, se basta una ricerca su internet e una conoscenza rudimentale di qualche linguaggio di programmazione (e a volte neanche quella) per bucare una password e fare manbassa.
Non è l’unico universo in cui accadono queste cose ma essendo percepito proprio come luogo per i più piccoli da tanti utenti fa ancora più scalpore. Allargando, di poco, l’orizzonte il problema dei piccoli truffatori che operano su Roblox e dei bambini truffati dai coetani non è che un altro danno collaterale del cambio di modello di business di tanti titoli, che sono passati al live service per scuotere i salvadanai piano e spesso anzichè farli andare in pezzi con l’acquisto del gioco nella sua interezza.