Nel nostro Paese avere a che fare con i videogiochi è complicato. Lo sappiamo noi, lo sanno i giocatori e le giocatrici e lo sanno anche i (pochi e coraggiosi) team di sviluppo tutti itailiani. Eppure finalmente pare che qualcosa si stia finalmente muovendo.
Il movimento lo aspettavamo da un pezzo in realtà ma è meglio di niente. Un bonus che riguarda proprio i videogiochi. E che può essere richiesto inserendo un codice tributo in un modello F24.
A poter usufruire di questo bonus, che è tecnicamente un credito di imposta, sono proprio i developèer che ora vedono materializzarsi quanto promesso nell’ormai vetusta legge 220/2016 e che ha trovato in realtà applicazione solo con i decreti congiunti dei Ministeri delle Finanze e della Cultura a maggio 2021. Se siete quindi team made in Italy (e se lo siete, ehi, mandate due righe per farvi conoscere se non ci conosciamo già!) ecco come potete avere questo bonus per il vostro lavoro.
Bonus videogiochi per i developer italiani, come richiederlo
Nel 2016 fu finalmente emanata una legge che prevedeva un credito di imposta a favore delle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva. L’entrata in vigore della legge però era arrivata solo nel 2021. Nel testo si legge che a queste imprese viene riconosciuto un credito d’imposta “in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al ((40 per cento)) del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive“.
Con successive modifiche e integrazioni, nella legge sono stati inseriti anche i videogiochi e ora con la risoluzione n.26 dell’8 giugno 2022 arriva da Agenzia delle Entrate anche il codice tributo con cui i team di sviluppo italiani in possesso dei requisiti previsti dalla normativa, possono fare richiesta per questo credito d’imposta. Si tratta di una misura compensativa rispetto alle spese sostenute e, di nuovo, destinata a quei team la cui opera sia stata valutata positivamente dalla Commissione apposita che si occupa di verificare i requisiti.
Si tratta di un piccolo passo avanti nella lunga strada verso il riconoscimento, anche pubblico, del lavoro che c’è dietro un videogioco e, forse, un primo timido segnale che prima o poi non saremo i soli a pensare che non si tratti di semplice roba da bambini con troppo tempo libero a disposizione.