Se sognate di vivere un’esperienza come quella di Mass Effect, prima di prenotare un biglietto per lo spazio abbiamo qualcosa da farvi leggere.
Adesso che grazie ai visionari come Elon Musk lo spazio sembra non più qualcosa di destinato agli scienziati ma anche ai comuni mortali, cominciano ad arrivare anche i risultati relativi ad alcuni studi che devono necessariamente farci riflettere prima di salire quella rampa di lancio.
Il sogno di Icaro che supera il sole non è cosa da poco e per chi staziona nello spazio ci sono seri rischi di danni irreversibili al proprio corpo derivanti da lunghe permanenze a gravità zero. I più recenti risultati dello studio pubblicato da un gruppo di scienziati dell’Università di Gothenburg non devono però farci smettere di sognare ma metterci nelle condizioni, come specie, di renderci conto che andare nello spazio in maniera permanente o comunque prolungata presenta delle sfide cui bisogna necessariamente trovare soluzioni adeguate.
Effetto Mass Effect, il pericolo nello spazio
Lo scorso 7 ottobre è stato pubblicato uno studio condotto dai ricercatori dell’università di Gothenburg Svezia, su un team di cosmonauti russi che hanno passato un periodo pari a 169 giorni sulla Stazione Spaziale Internazionale, in orbita a 400 km dalla superficie del pianeta Terra. I cinque cosmonauti, la cui età media è di 49 anni, hanno fornito campioni del proprio sangue 20 giorni prima di salire sulla Stazione Spaziale e poi altri campioni in tre momenti diversi: un giorno dopo l’arrivo, una settimana dopo l’arrivo e l’ultimo campione a tre settimane dal rientro sul pianeta.
Nei loro campioni è stata ricercata la presenza di 5 marker che segnalano danni a livello cerebrale e dei 5 marker ricercati per tre in particolare è stata riscontrata una concentrazione estremamente elevata, nei campioni prelevati dopo il rientro sulla Terra. Quello che manca di scoprire adesso è che cosa provochi i danni cerebrali, e questo lo sottolinea anche Henrik Zetterberg, professore di neuroscienze e uno dei due coautori senior dello studio che dichiara: “è stata l’assenza di peso, cambiamenti nel fluido cerebrale , o una situazione di stress associata con il lancio e con l’atterraggio, o addirittura da qualche altra cosa?”
Lo scopo dello studio di Zetterberg e dei colleghi Nicolas Ashton e Kaj Blennow è quello di trovare la causa per i picchi relativi a questi marker e poterla così contrastare efficacemente. Anche perché, sempre nelle parole del dottor Zetterberg “Questa è la prima volta che con test sanguigni è stato dimostrato un danno alle cellule cerebrali a seguito di viaggi spaziali. Occorre esplorare ulteriormente la questione e evitare il danno se nel futuro i viaggi spaziali devono diventare più comuni”.
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Potrebbe quindi volerci molto tempo prima di poter vivere in un luogo simile alla Cittadella di Mass Effect ma con il progresso degli studi relativi anche a questo aspetto specifico prima o poi qualcuno di noi varcherà l’ultima frontiera.