Che si tratti di demonizzare il consumo di un alimento (o al contrario far riferimento a qualcosa come una specie di “super-cibo”) non sempre ricorrere a internet per informazioni puntuali riesce a chiarire le idee. Oggi parliamo di consumo di carne lavorata e demenza.
Il pattern del sensazionalismo alimentare sul web è ormai noto: si associa qualcosa di estremamente negativo ad uno specifico cibo per creare allarmismo grazie a connessioni fantasiose che implicano che due fenomeni sono correlati e quindi l’uno è causa dell’altro. Tuttavia, pur dovendo prendere quanto segue con le pinze, emergono dei pattern all’interno della ricerca che indaga sulla correlazione tra consumo di carne processata e demenza.
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Il fatto
Si tratta probabilmente del caso studio su più larga scala conosciuto, dato che si tratta di analizzare 493,888 casi per un periodo che va dal 2006 al 2010, di persone che sono invecchiate dai 40 ai 69 anni. Si tratta dello studio pubblicato dall’American Journal of Clinical Nutrition ed è stato realizzato da
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I casi in esame sono stati esaminati a partire dalla UK Biobank, un database che raccoglie i dati di tutti i cittadini iscritti al servizio per scopi di ricerca e, stando ai casi presi in esame, le persone che hanno consumato almeno 25g di carne processata ogni giorno (che equivale a meno di una fetta di pancetta) presentava il 44% di probabilità in più di sviluppare sintomi della demenza.
Si tratta chiaramente di un pattern curioso, un aspetto dello studio che va ulteriormente analizzato e approfondito, visto che si tratta solo di uno schema ricorrente e non, al contrario, di una prova inconfutabile che il consumo di carne particolarmente lavorata conduca necessariamente allo sviluppo della malattia. Bisogna anche tenere in considerazione il fatto che si tratta di un’indagine condotta sui dati conservati all’interno di un database ad accesso volontario, con dati auto dichiarati, e non un esperimento controllato e condotto rigorosamente.
Inoltre, sempre stando ai dati della UK Biobank, vi sono molti altri fattori da tenere in considerazione, specifica lo studio, oltre al consumo di carne. I casi presi in esame a cui, in seguito, è stata diagnosticata la demenza, per esempio, presentano altre caratteristiche: chi è più soggetto alla malattia tende ad essere tendenzialmente più anziano, con scarsa stabilità economica, dal background scolastico limitato, fumatore, con una dieta sbilanciata, sovrappeso (o affetto da obesità) o proveniente da famiglie dove la demenza è già stata diagnosticata. E, infatti, nei dati, le persone con tutte queste caratteristiche tendono al maggiore consumo di carne, a riprova del fatto che potrebbe non essere una causa dell’insorgere della malattia.
Motivo per cui lo stesso direttore dello studio, il Dottor Huifeng Zhang, del gruppo di Epidemiologia Nutrizionale, precisa e considera che lo studio deve ancora approfondire e studiare il pattern rilevato.
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