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Castlevania Lords of Shadow 2 – la recensione!

Tutto quello che ha un inizio ha una fine. Lo sanno bene i giocatori che aspettavano l’epilogo delle travagliate vicende dell’amato Gabriel Belmont e lo sanno bene pure in MercurySteam, visto che si sono presi tre anni per dare una degna conclusione a una saga che, nel giro di un solo capitolo, è riuscita a entrare nell’iconografia dell’ultima generazione di console. Castlevania Lords of Shadow 2 è quindi il canto del cigno di PlayStation 3 e Xbox 360, che si propone di eguagliare, quando non proprio superare, il successo del primo capitolo.

LOS 2 si pone un gradino sotto il predecessore come difficoltà, risultando decisamente più accessibile e meno punitivo nei confronti dei vostri errori.

Castlevania Lords of Shadow 2 segna un netto cambio stilistico, ludico e, per certi versi, anche narrativo rispetto al capitolo originale, di cui rappresenta sì la naturale continuazione, ma da cui prende anche le distanze, a cominciare proprio dal setting iniziale. Moltissimi anni dopo i fatti conclusivi di Lords of Shadow, Gabriel ha abbandonato completamente la sua identità per assumere quella di Dracula. L’antieroe corroso nell’animo dalla tragica condizione che lo lega per sempre all’oscurità non brama nient’altro che la morte. Sconfiggere Lucifero in questo viaggio di redenzione rappresenta ancora una volta la missione finale del nostro cammino. Un cammino solitario, cupo e ostile, che Dracula affronta accompagnato dalla costante presenza dei suoi demoni interiori, tra allucinazioni, sogni e visioni ambigue.

Tra le nostre mani abbiamo un personaggio molto più potente, il Signore delle Tenebre che tutto può e nulla teme.

L’impianto narrativo risulta quindi meno romanzato e didascalico rispetto a quello della prima avventura di Gabriel, per lasciare più spazio all’introspezione, definendo l’evoluzione personale del personaggio in maniera piuttosto intima e scandita lentamente. D’altra parte, non dovete pensare che in LOS 2 manchi l’azione e che il gioco abbia ritmi soporiferi, anzi, possiamo dire che risulta molto più diretta e meno ponderata rispetto al passato. Il gioco si libera delle telecamere statiche del primo capitolo per proporne una libera che, lo diciamo subito, giova in maniera netta alla giocabilità. Non solo è più appagante e immersivo avere il controllo a 360 gradi dell’ambiente circostante, ma è anche utile nel favorire un’esplorazione più lineare e non visivamente frammentaria come in precedenza.
La sensazione di un gioco meno “ingessato” deriva anche dal nuovo sistema di combattimento. Tra le nostre mani abbiamo un personaggio molto più potente, il Signore delle Tenebre che tutto può e nulla teme, situazione ben veicolata dalla maggiore flessibilità e agilità del nostro personaggio che danza tra un nemico e l’altro con una reattività davvero inedita per la serie.

Il nuovo sistema di upgrade è intelligente e stimolante ai fini di una conoscenza peculiare di ogni singola combo presente del gioco.

La nostra arma principale sarà sempre la frusta, questa volta composta dal nostro stesso sangue, che vorticosamente, tra attacchi potenti e leggeri, ci permetterà di inferire sui demoni di ogni taglia e specie. Le dinamiche di Luce e Oscurità del primo episodio sono state rimpiazzate da altre due abilità che, di fatto, diventano sul campo di battaglia due stili di combattimento diversi. Potrete utilizzare il potere del vuoto, che genera una possente spada, utile a concentrare la potenza di attacco in serie di fendenti estremamente efficaci, e gli artigli del Caos, ideali per spezzare la difesa e corazze nemiche, ma che richiedono anche il talento di saper gestire uno stile di lotta molto ravvicinato e quindi più rischioso e scoperto al contrattacco. Gli scontri quindi diventano una violenta danza in cui il giocatore, a seconda dello schieramento avversario, dovrà gestire le tre tecniche alternandole senza soluzione di continuità, intervallandole a veloci schivate lungo tutta l’arena di combattimento. C’è da dire comunque che LOS 2 si pone un gradino sotto il predecessore come difficoltà, risultando decisamente più accessibile e meno punitivo nei confronti dei vostri errori. Ancora presente l’albero delle abilità, con cui potrete sbloccare nuove tecniche e potenziare quelle già in vostro possesso. Il nuovo sistema di upgrade è intelligente e stimolante ai fini di una conoscenza peculiare di ogni singola combo presente del gioco. Solo eseguendo ognuna di esse con insistenza, infatti, potenzierete l’efficacia della stessa per l’arma utilizzata. Va da sé, quindi, che se vorrete un’evoluzione equilibrata delle vostre skill combattive, dovrete per forza cercare di utilizzare ogni singola possibilità offensiva, pena il forte scompenso tra la potenza di un’arma rispetto alle altre. Alle possibilità tattiche di Dracula si aggiungono la barra del focus, che cresce attaccando senza farsi colpire e dona, una volta piena, nuovi attributi alle vostre armi per un tempo determinato, e le reliquie, oggetti con poteri unici, come per esempio quello di rallentare il tempo, che faranno la differenza in più di un’occasione. Le creature avversarie sono tutte realizzate in modo piuttosto ispirato, boss compresi. Questi spesso mettono in scena combattimenti davvero spettacolari, con QTE e script nel mezzo dello scontro che danno molta verve ed epicità agli scontri, e che nascondono, in parte, i limitati pattern di attacco avversari che rendono sovente le nostre performance piuttosto ridondanti all’interno dello stesso combattimento.

Il gioco si libera delle telecamere statiche del primo capitolo per proporne una libera che, lo diciamo subito, giova in maniera netta alla giocabilità.

L’esplorazione, ora completamente aperta e non più divisa da capitoli a tenuta stagna come prima, si divide tra aree gotiche e molto ispirate, quasi tutte all’interno del famigerato Castello, e sezioni decisamente meno ispirate, vale a dire quelle ambientate nei setting contemporanei. Dispiace prendere atto che poco si è fatto per rendere questi ultimi suggestivi quanto la location classica. Fabbriche e centri di ricerca farmacologica, infatti, sono zone concettualmente blande e realizzate in maniera inaspettatamente anonima per un titolo che ha sempre fatto della cifra stilistica uno dei suoi maggiori vanti. Come se non bastasse, queste location ospitano spesso anche le sezioni meno riuscite del gioco, quelle stealth, davvero rinunciabili e realizzate con superficialità. Tecnicamente, il titolo si setta sugli stessi livelli del predecessore, e laddove guadagna in termini di spazialità visiva, perde purtroppo in pulizia, proponendo texture troppo volte sottotono, che sporcano l’immagine rovinando il colpo d’occhio generale. In compenso, è apprezzabile lo sforzo di proporre un frame rate non stellare, ma almeno più stabile del problematico Lords of Shadow. Tra molti più alti che bassi, fortunatamente, l’ultimo capitolo delle avventure di Gabriel dunque scivola via per circa 15 ore di gioco complessivo, regalando un’esperienza divertente (più per le fasi di combattimento che per quelle esplorative, onestamente prive di idee realmente originali) e un epilogo ben orchestrato, che mette in scena personaggi e guest star che sicuramente i fan non potranno che apprezzare, oltre a una serie di eventi e colpi di scena che, tutto sommato, lasciano, giunti ai titoli di coda, una discreta soddisfazione per l’esperienza vissuta.

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