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Child of Light – La Recensione

Child of Light è uno dei giochi più interessanti in uscita in questa stagione, per delle peculiarità assolutamente singolari che lo contraddistinguono dal resto dell’offerta ludica in circolazione. Innanzitutto, si tratta di un progetto prodotto da una grossa azienda come Ubisoft, ma sviluppato con risorse contenute e un team piuttosto ristretto. Nasce per la volontà di creare un titolo estremamente personale, che si fregia del valore creativo e artistico degli autori che ne hanno permesso la realizzazione (nella fattispecie il creative director Patrick Plourde e lo scrittore Jeffrey Yohalem). Inoltre, Child of Light è un gioco che, collocato nel panorama odierno, risulta paradossalmente innovativo per le sue reminescenze del passato, e per aver saputo recuperare il retaggio di generi e impostazioni di un’era videoludica lontana, riarrangiando tutti questi elementi per creare qualcosa di unico e da un certo punto di vista, anche moderno.

Child of Light è un titolo dalle meccaniche innovative, potrebbe essere definito come Platform RPG.

Ma bando alle divagazioni e cerchiamo di capire che cos’è Child of Light. Brutalmente, lo potremmo definire un platform con una forte componente ruolistica presa di peso dall’epoca d’oro dei giochi di ruolo giapponesi. Nei panni di Aurora, una giovanissima principessa che si risveglia in una terra misteriosa e alla ricerca della strada di casa, dovremo esplorare il regno di Lemuria e conoscere così quale destino ci attende.

Quanto al gameplay, lo si può definire senz’altro piuttosto conservativo.

Come accennato poco sopra, il gioco si configura inizialmente come un platform 2D. Dalle iniziali aree bucoliche ci sposteremo verso templi abbandonati, rovine antiche, grandiosi edifici, grotte brulicanti di creature ostili e molte altre suggestive location. A tal proposito, non possiamo non citare a questo punto la fantastica grafica di questo titolo. Grazie al versatile motore grafico di Rayman, UbiArt Framework, le schermate di gioco sembrano veri e propri dipinti in movimento. Descrivere a parole la bellezza di ogni singolo elemento su schermo, animato o statico, non rende assolutamente l’idea, è una cosa che va semplicemente vista in prima persona. In questa sede mi preme solo sottolineare come ben raramente mi sia trovato di fronte a un’ispirazione artistica così marcata e a un utilizzo dei colori così azzeccato per riprodurre la sensazione di un acquerello in movimento.

La parte narrativa è molto evocativa: tutto viene raccontato come se uscisse da un libro di fiabe.

L’impianto narrativo è altrettanto evocativo. Realizzato come se fosse un vero e proprio poema, ogni personaggio incontrato, ogni voce fuoricampo, ogni riga di testo sembrano uscire da un vecchio libro di fiabe, rigorosamente scritto in rima, che racconta una storia crepuscolare, ermetica e metaforica. Una storia carica di significati sotto la superficie di un’innocente e “infantile” favola per ragazzini. Insomma, se c’è una cosa di cui siamo certi, è che sul piano artistico Child of Light sia una spanna sopra qualsiasi altra produzione del genere.

Quanto al gameplay, lo si può definire senz’altro piuttosto conservativo. Ben presto acquisiremo il potere di volare, e da quel momento in poi l’esplorazione dell’ambiente si farà libera, potendo fluttuare da uno scenario all’altro senza più preoccuparci delle asperità dell’ambiente circostante. Gli unici ostacoli ai nostri progressi saranno gli sporadici enigmi ambientali che coinvolgeranno l’intervento di Igniculus, la nostra fidata amica lucciola. Oltre ad accompagnarci per tutta l’avventura, questa creatura potrà sfruttare il potere di concentrare la propria luce per produrre semplici giochi di ombre che serviranno ad aprire passaggi e sbloccheranno meccanismi utili al proseguo delle vicende.

Da un gameplay classico durante le fasi di gioco, nelle fasi di combattimento ci troveremo di fronte a una struttura simile a quella di un RPG a turni.

Le cose cambiano radicalmente durante i combattimenti. In questi frangenti, la struttura diventa quella classica dei vecchi giochi di ruolo a turni. Da un lato dello schermo avremo quindi Aurora, armata con uno spadone alquanto minaccioso, e uno a scelta fra i vari personaggi secondari che incontreremo durante la storia, e dall’altro lato la schiera di nemici pronti a farci la pelle. Seguendo i ritmi scanditi da una barra che indica i tempi di attesa alleati e avversari per attaccare, avremo a ogni turno una serie di scelte da fare, tra cui fendenti fisici, colpi magici di natura elementale e difese. Nello specifico, gli attacchi legati a fuoco, vento o altri elementi sono da ponderare molto accuratamente. La tattica, da questo punto di vista, si fa presto indispensabile. Dopo i primi semplici scontri, infatti, diverrà fondamentale l’analisi del nemico e delle sue debolezze, in modo da colpirlo con un preciso tipo di attacco. Le possibilità e le opzioni, da questo punto di vista, si moltiplicano man mano che saliremo di livello, potendo spendere dei punti abilità per accrescere il nostro albero di skill personali.

Un altro punto forte di questo titolo? Senza dubbio la colonna sonora!

Un’ultima, doverosa segnalazione alla colonna sonora. Signori, che musiche, che atmosfera, che melodie suggestive! In cuor mio, non mi sento di muovere quindi reali critiche a Child of Light, se non quelle di essere piuttosto semplice e di non godere di una longevità particolarmente estesa. Ma anche questi difetti fanno parte di una ponderata visione d’insieme. È la volontà e di Ubisoft di renderci partecipi di un’esperienza diversa, coinvolgente, che faccia appello al fanciullo dentro di noi, che non ci incastri con cervellotiche e ansiogene meccaniche di gameplay ma semplicemente ci faccia essere protagonisti di una favola, una storia tra sogno e realtà che sarà portata a termine in breve, ma che difficilmente dimenticheremo presto.

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