Abbiamo raggiunto il team di Cinic Games, che è al momento al lavoro su Extra Coin per farci raccontare un po’ com’è sviluppare videogiochi con un team sparpagliato in tutta Italia e come ci si sente ad avere un titolo pronto per le console.
Se volete toccare con mano le capacità di questo studio italiano vi consigliamo di riprendervi il loro titolo di punta: The Wardrobe. Un punta e clicca che è una vera festa di citazioni e rimandi a tanti titoli che hanno fatto la storia dei videogiochi.
Ciao Cinic Games! La prima domanda è di rito: presentatevi al nostro pubblico. Chi siete? Cosa fate? Dove lo fate?
“Ciao a voi e a tutti i lettori di Videogiochi.com. Siamo uno studio di sviluppo indipendente fondato nel 2015 con sede a Pisa, ma tutto il core team e i vari collaboratori sono sparsi in giro per lo Stivale. Sviluppiamo principalmente adventure game per PC e console”.
Parliamo un po’ di videogiochi dal punto di vista della produzione. Come team (non) indipendente, quali sono le vostre impressioni sul panorama italiano e quali le differenze rispetto ad altri mercati, per esempio quello inglese?
“Esistono delle difficoltà strutturali riconducibili sostanzialmente a una scarsa cultura del medium. Da questo punto di vista la pandemia ha però aiutato a fare un deciso passo in avanti, tanto che qualcosa, seppur ancora minimo e non sufficiente, sembra stia iniziando a muoversi. Ovviamente anche il ricambio generazionale nella classe dirigente italiana ha contribuito in questa direzione. Confrontandoci però con la maggior parte dei paesi europei, siamo ancora parecchio indietro e ci sarà davvero tanto da lavorare”.
In una intervista passata avete parlato del fatto di aver inserito gli “aiutini” perchè vi era stato chiesto, e allora vi chiediamo: quanto e come si bilancia la voglia di produrre un gioco inserendo ciò che piace al developer con quelle che possono essere le richieste esterne? Chi vince: la creatività o il mercato?
“Vorremmo partire sfatando un falso mito: creatività e logiche di mercato non vanno necessariamente in contrasto e crediamo che la bravura stia proprio nel riuscire a conciliare entrambe le necessità. Per chi come noi sviluppa videogiochi professionalmente è impensabile non guardare al mercato e ragionare di conseguenza.
I videogiochi hanno infatti cicli di sviluppo lunghissimi rispetto ad altri prodotti, comportando dei rischi imprenditoriali non indifferenti. Ciò detto il videogioco è per sua natura un prodotto creativo, motivo per cui quando in CINIC Games decidiamo di lavorare a un progetto lo facciamo solo se questo va incontro ai nostri gusti, alle nostre necessità artistiche, al mercato e – aggiungiamo – alle nostre capacità”.
Continuando su questo argomento, come li vedete i videogiocatori di adesso? Meno allenati a cercare, e quindi bisognosi di una qualche guida, o interessati semplicemente ad altre tipologie di esperienze nel gioco?
“Entrambi. Il videogioco è oggi un fenomeno di massa e l’offerta di prodotti è mastodontica se comparata a 30 anni fa. L’accesso alle informazioni è pressoché istantanea e anche solo il modo di fruire i videogiochi è cambiato. Tutto viaggia più velocemente. Chiararamente il giocatore medio è più abituato a esperienze di gioco con meno tempi morti – motivo per cui i punta e clicca sono diventati progressivamente un prodotto di nicchia – ma esistono comunque diversi videogiocatori delle nuove generazioni che trovano più affina ai propri gusti un’esperienza lenta e maggiormente ragionata come quella dei punta e clicca”.
Il vostro titolo di punta, The Wardrobe, è stata una messe di citazioni, soprattutto a titoli che hanno fatto la storia dei videogiochi. Allora proviamo a fare un gioco: se poteste tornare indietro, a quale videogiochi vorreste lavorare e perchè?
“Day of the Tentacle e Grim Fandango, per ovvi motivi. Senza alcun dubbio”.
Un’altra domanda sulle citazioni: ce n’è, sempre in The Wardrobe, una di cui andate davvero davvero fieri? E una che nessuno o quasi nessuno è riuscito a cogliere?
“Le nostre preferite sono quelle che ci hanno dato la possibilità di fare un lavoro di reinterpretazione. In particolare siamo molto affezionati ai quadri con Skinny all’interno.
Diverse citazioni sono pressochè impossibili da capire perché sono degli inner joke legati allo sviluppo e al team che ci ha lavorato. La cosa che paradossalmente ci ha sempre divertiti è vedere i giocatori sforzarsi di trovare la citazione laddove de facto non è mai esistita”.
Parliamo adesso di Extra Coin, come va lo sviluppo? Aggiornamenti su una possibile data di uscita?
“Non abbiamo ancora una data precisa ma possiamo dire che siamo entrati nella parte conclusiva dello sviluppo. Abbiamo avuto dei rallentamenti causati da alcune scelte differenti adottate in corso d’opera ma, a fronte del salto di qualità che ne è poi derivato, abbiamo ritenuto che valesse la pena allungare la lavorazione. Siamo molto contenti della qualità generale del prodotto e non vediamo l’ora di poterla condividere con i videogiocatori”.
Creare un videogioco è, sempre, una scelta artistica e come tale porta con sè anche un’idea e una visione del mondo. Allora vi chiediamo: quale è la vostra posizione riguardo le simulazioni e la vita online?
“La viviamo come un’opportunità, non a caso da sempre CINIC Games non ha una sede con uno studio fisico. Ci siamo tutti conosciuti online e ai tempi di The Wardrobe abbiamo avuto modo di incontrarci di persona a volte anche dopo un anno e mezzo di lavoro. Ciò detto i momenti a noi più cari nella vita di team sono quelli condivisi insieme IRL, ma senza certi mezzi probabilmente CINIC Games non sarebbe neppure nata e ci sarebbero stati per l’appunto preclusi”.
Il Covid ci ha costretto a rivedere i rapporti sociali, compresi quelli familiari e a trasportarli in buona sostanza nel mondo digitale. Oltre alle ricadute “tecniche” allora, il Covid ha influenzato la storia di Extra Coin?
“In realtà no. In maniera del tutto fortuita, con Extra Coin ci siamo ritrovati a raccontare e anticipare tematiche e situazioni per tutti noi impensabili nel momento in cui abbiamo iniziato a lavorare il progetto. Chiaramente anche la narrativa si è un minimo modificata nel corso dello sviluppo ma mai per motivi realmente legati alla pandemia”.
Parliamo per un momento di hardware: come vi sentite a fare il salto su console? Quali difficoltà avete incontrato?
“Esistono tante barriere, sia a livello di costi che di know-how. È stata per noi una bella sfida e, al netto delle fisioligiche difficoltà, siamo contenti della risposta del pubblico console”.
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E ora, prima di salutarci, cosa c’è nel futuro dopo Extra Coin?
“Vorremmo saperlo anche noi [ridono]! La buona notizia è che abbiamo comunque 2-3 progetti papabili tra cui scegliere e riteniamo che siano tutti estramente validi e stimolanti. Proprio per questo motivo stiamo cercando di trovare le condizioni per avviarne un secondo in parallelo. Dita incrociate”.
Grazie, ragazzi! E ovviamente in bocca al lupo, o dovremmo dire… in bocca allo scheletro?
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