Chi pensava che con le criptovalute avrebbe potuto fare il cosiddetto “bello e cattivo tempo” si sbagliava. Se in un primo momento il trading in crypto sembrava essere l’Eldorado per gli investitori, adesso invece il Fisco ha deciso di dare una stretta anche nei confronti di tutti coloro che operano in questo settore.
In particolare, le nuove norme stabilite dalla Commissione Europea, che ha effettuato la sua proposta lo scorso 8 dicembre, prevedono che tutti i fornitori di criptovalute saranno costretti a segnalare al Fisco ogni minima transazione effettuata dai clienti che risiedono in Unione Europea. Questo, indipendentemente dalla nazionalità della sede.
Ciò vuol dire che anche in Italia, dove i crypto investimenti stanno andando alla grande, il Fisco terrà traccia di ogni tipo di investimento. Come riportato anche dalla sezione Economia dell’autorevole Corriere della Sera, da Bruxelles sono arrivate delle dichiarazioni secondo cui «le autorità fiscali attualmente non dispongono delle informazioni necessarie per monitorare i proventi ottenuti utilizzando cripto-asset, che possono essere facilmente scambiati oltre confine. Ciò limita fortemente la loro capacità di garantire che le tasse siano effettivamente pagate portando i cittadini europei a perdere importanti entrate fiscali».
Le dichiarazioni della Commissione Europea
La mossa che la Commissione Europea sta mettendo in atto riguarda l’obiettivo di arrivare ad avere transazioni più trasparenti in seno alla crypto economia, dal momento che di per sé le caratteristiche insite delle criptovalute e dei loro asset rendono difficile il tracciamento delle transazioni. «La rapida digitalizzazione delle nostre economie porta con sé opportunità e lo sviluppo di nuove tecnologie, ma solleva anche una serie di questioni su come gestire alcune nuove transazioni digitali, come nel mercato dei cripto-asset», ha dichiarato in una nota la Commissione.
In particolare si rende difficile il tracciamento delle operazioni quando vengono transate all’estero o comunque fuori dal Paese di residenza dell’investitore, per questo la Commissione ha tenuto a precisare che la stretta fiscale arriverà indipendentemente dalla provenienza della sede del fornitore di criptovalute. L’obiettivo finale è quello, a quanto pare, di integrare al meglio il regolamento dei mercati delle criptovalute, il cosiddetto MiCA, insieme alle norme antiriciclaggio che sono fondamentali per poter garantire il pagamento delle tasse da parte di chi effettua operazioni in criptovaluta.
Ovviamente la stretta fiscale non riguarda tutti gli investitori in criptovalute, soprattutto i più piccini. Sono infatti esclusi i detentori di abitazioni private principali, e tutti coloro che hanno meno di 1 milione di euro di ricchezza finanziaria o investibile o di patrimonio gestito.