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D4: Dark Dreams Don’t Die – la recensione

In generale, al parco esclusive delle console prodotte da Microsoft è sempre mancato quel particolare tocco “di Giappone” che da sempre contraddistingue le sue dirette rivali. Una carenza su cui la società di Redmond ha deciso di lavorare sodo a partire da questa nuova generazione e che trova la sua risoluzione nella stretta collaborazione con alcuni dei più rinomati developer appartenenti alla terra del Sol Levante. Tra questi, ce n’è uno in particolare che, con il suo brio e la sua innata follia, progettava di offrire all’utenza un titolo capace di raccontare una storia appassionante e in grado di rendere l’utilizzo di Kinect particolarmente appetibile. Ci stiamo riferendo a D4: Dark Dream’s Don’t Die, il gioco realizzato ad opera di Swery65 (Hidetaka Suehiro, per i comuni mortali), autore di quel Deadly Premonition che all’epoca della sua uscita divise letteralmente in due critica e pubblico.

D4 si presenta forse come l’opera migliore del team di Access Games, capace di incuriosire, intrattenere e catturare il giocatore per poi lasciarlo sulle spine con un incredibile cliff-hanger.

D4 si presenta come una serie a episodi che cerca, a modo suo, di emulare l’efficace impianto narrativo messo a punto da Telltale Games. Nei panni dell’ex-poliziotto David Young, dovremo scovare il responsabile della morte di Little Peggy, moglie del protagonista. Per raggiungere lo scopo saremo costretti a partire dagli unici indizi che abbiamo a disposizione: il coinvolgimento della droga “Real Blood” all’interno della vicenda e le ultime parole pronunciate da Peggy in punto di morte: “Trovare D.”. Fortunatamente David è in possesso della capacità di accedere ad eventi già accaduti attraverso il contatto con i “mementum”, oggetti dal particolare significato che svolgono la funzione di ponte temporale tra presente e passato. Il protagonista è quindi un detective che indaga il passato, riuscendo a individuare in esso tutti i tasselli necessari a ricostruire l’enorme puzzle a cui si trova davanti.

D4 è un titolo concepito principalmente per sfruttare al meglio le potenzialità di Kinect.

Ciò lo porterà a rivivere casi già affrontati in tempi precedenti, ponendo il giocatore di fronte a un cast costellato di personaggi secondari tanto singolari quanto profondamente caratterizzati, che non fanno altro che rimarcare la matrice orientale alla base della produzione. Infatti, nel momento in cui si osserva l’esuberante comportamento dei vari comprimari, il paragone con il mondo dei manga e degli anime risulta abbastanza immediato: per rendere più chiara l’idea della follia che anima i personaggi del gioco, vi diciamo solo che c’è un uomo che si comporta come se fosse un gatto e uno stilista che è innamorato del proprio manichino.

Come dicevamo all’inizio della recensione, D4 è un titolo concepito principalmente per sfruttare al meglio le potenzialità di Kinect. Anche se l’esperienza non esclude il supporto al classico pad, è proprio con il sensore di movimento di Microsoft che il gioco riesce a dare il meglio di sé: con i movimenti della mano si possono scorrere i vari oggetti presenti sulla scena, mentre per confermare la selezione basterà stringere la mano a pugno. È possibile inoltre spostarsi lungo gli scenari e ruotare la visuale con i movimenti del corpo e, in teoria, sarebbe presente anche il riconoscimento vocale per pronunciare le linee di dialogo, anche se purtroppo questa funzionalità è rimasta confinata alla sola versione inglese del gioco.

Dal punto di vista tecnico non c’è nulla di particolarmente sorprendente da segnalare, almeno in termini di potenza grafica.

Anche se durante la nostra prova abbiamo riscontrato più volte dei difetti nella fase di registrazione dei movimenti, non possiamo fare a meno di affermare che D4 rappresenta al momento la migliore esperienza da vivere col Kinect. L’originalità dei QTE e dei minigiochi presenti nel gioco, infatti, permettono al giocatore di sentirsi il vero protagonista della vicenda, rendendo di fatto la fruizione col pad più noiosa e in un certo senso asettica.
Il gameplay richiede inoltre un approccio nel complesso ragionato e non privo di strategia: la maggior parte delle azioni richiederanno una determinata quantità di stamina per poter essere effettuate e se questa dovesse esaurirsi il game over diverrà istantaneamente una certezza. I giocatori dovranno inoltre impegnarsi nella ricerca di cibo per riempire la resistenza, e di bevande per riempire la Visione (un potere che mette in evidenza indizi e oggetti importanti). Insomma, anche la componente esplorativa gioca un ruolo di prim’ordine all’interno dell’esperienza, soprattutto se si considera l’enorme quantità di extra (come minigiochi e missioni opzionali) sparsi per gli ambienti di gioco.

Dal punto di vista tecnico non c’è nulla di particolarmente sorprendente da segnalare, almeno in termini di potenza grafica, in quanto il fascino di D4 è interamente situato nel suo particolarissimo stile fumettistico. Attraverso un ottimo uso del cel-shading, il team di sviluppo è riuscito a mescolare alla perfezione il noir allo stravagante, creando un’atmosfera a dir poco unica che viene enfatizzata dalla presenza di una soundtrack davvero ispirata e variegata. Chiudiamo infine con una nota sulla longevità di questo primo pacchetto che, includendo al suo interno Prologo, Episodio 1 ed Episodio 2, riuscirà a tenervi incollati allo schermo per almeno quattro o cinque ore di gioco.
In definitiva, il nuovo progetto firmato Swery65 potrebbe senza dubbio rappresentare una valida occasione per rispolverare i vostri Kinect. D4 si presenta forse come l’opera migliore del team di Access Games, capace di incuriosire, intrattenere e catturare il giocatore per poi lasciarlo sulle spine con un incredibile cliff-hanger. A questo punto, siamo davvero curiosi di scoprire come proseguiranno le indagini di David Young e in quali folli comprimari si imbatterà nel corso dei suoi futuri viaggi temporali.

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