Divinity: Original Sin – la recensione

Quando ci siamo avvicinati a Divinity: Original Sin, abbiamo ricevuto una vibrazione positiva. Sì, questo è un gioco che non si è lasciato tentare dalle facili sirene dei gameplay tutta azione, e che è molto fedele alle sue origini da gioco di ruolo classico… non a caso, l’intera operazione nasce da Kickstarter, ed è stata finanziata dai fan. Ma sarebbe sbagliato bollare Original Sin come un semplice revival all’insegna della nostalgia, dal momento che, pur mutuando parte del suo DNA da classici come Baldur’s Gate, introduce al suo interno anche un certo numero di idee originali.
Basti pensare che il gioco non si apre con qualche epica sezione stile Il signore degli anelli, ma ricorda piuttosto un romanzo di Agatha Christie in salsa fantasy: dovrete infatti investigare su un omicidio avvenuto all’interno di un culto.
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Al di là di questa simpatica introduzione, il gioco riesce con successo a sfoggiare un analogo grado di libertà anche nel suo proseguimento.

Il bello di Original Sin è che recupera quel gusto per la narrazione e l’interazione con i dialoghi tipico di giochi vecchia scuola come Ultima, mutuandone persino lo stesso senso dell’umorismo un po’ british e tanto bizzarro. Il livello dello storytelling è molto alto, e tutti i personaggi sono tratteggiati ottimamente, spesso caratterizzati da idiosincrasie e bizzarrie varie: che ne dite di un mago che preferisce rimanere trasformato in un gatto? Tutti questi piccoli accorgimenti rendono le varie interazioni con i PNG sempre interessanti e mai banali. E non finisce qui: basti pensare che, grazie a un’apposita abilità, sarete in grado di comunicare con tutti gli animali, e stranamente questi hanno molte cose da dire.
La prima missione offre un ottimo spaccato del grado di libertà nell’affrontare le situazioni concesso da Original Sin: parlando con un cane, infatti, potrete farvi aiutare dal suo olfatto nell’investigazione, che in generale richiederà di mettere in campo una vasta gamma di talenti, dalla furtività fino al lockpicking.
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È da notare come la maggior parte delle classi non si proponga come una rigida imposizione, ma piuttosto lasci a libero spazio ai giocatori di personalizzare il proprio character e di costruire il loro stile di gioco.

Al di là di questa simpatica introduzione, il gioco riesce con successo a sfoggiare un analogo grado di libertà anche nel suo proseguimento. Siamo felici di constatare che il termine roleplay non è usato a sproposito nel caso di questo titolo, dal momento che, in base alle vostre azioni, potrete formare il vostro alter-ego; ma, e questa è un’idea piuttosto brillante, potrete plasmare la storia non di uno, bensì di due personaggi, con la possibilità per un altro giocatore di interpretare il secondo. Anche in single player, comunque, dovrete gestire due personaggi, il che non è facile perché a ciascuno dei due sarà richiesto di prendere decisioni che li caratterizzeranno e potranno anche prendere direzioni molto divergenti. In certi casi arriveranno persino a “battibeccare”, e questo crea delle relazioni interpersonali verosimili tra i personaggi, che li farà sembrare più umani e vi renderà più facile immedesimarvi nel vostro avatar.
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Finora abbiamo parlato degli aspetti più originali della produzione ma, anche quando si tratta di rispettare i canoni del GdR, Original Sin riesce a dimostrarsi solido e ricco di opzioni, in particolar modo per quanto riguarda abilità e incantesimi. È da notare come la maggior parte delle classi non si proponga come una rigida imposizione, ma piuttosto lasci a libero spazio ai giocatori di personalizzare il proprio character e di costruire il loro stile di gioco.

Non fatevi ingannare dal suo aspetto marcatamente retrò: questo gioco è un’esperienza narrativamente degna di nota, che se la gioca alla pari con i colossi di BioWare.

A supportare un sistema di crescita profondo e appagante ci pensa il combattimento, molto più di semplici schermaglie da affrontare a colpi di click. Innanzitutto, dobbiamo dire che si tratta di un canonico sistema a turni, ma ci sono degli elementi innovativi; scordatevi il mana, tanto per dirne una, perché gli incantesimi saranno limitati nell’uso da un sistema di ricarica. Questo vuol dire che quelli più potenti richiederanno un tempo di ricarica anche di parecchi turni, spingendovi quindi a ragionare strategicamente su quali siano le mosse migliori da attuare e inducendovi a gestire il tempo in maniera saggia. Gli incantesimi permettono anche dei trucchetti basati sugli elementi decisamente divertenti da provare, per esempio, potrete creare una pozza d’acqua e poi colpirla con un attacco elettrico, in modo da fulminare chiunque vi passi attraverso. Il sistema di combattimento, poi, tiene conto del posizionamento dei personaggi, di modo che, per esempio, colpendo alle spalle un nemico, questo subirà dei danni più ingenti.
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Non fatevi ingannare dal suo aspetto marcatamente retrò: questo gioco è un’esperienza narrativamente degna di nota, che se la gioca alla pari con i colossi di BioWare. Anche dal punto di vista ruolistico, il suo sistema sfaccettato e ricco di opzioni farà la gioia di chi ama vedere evolversi il suo personaggio. Uno dei migliori progetti usciti fuori da Kickstarter, che dimostra come questa piattaforma sia un vero toccasana per riportare in auge gameplay che credevamo da lungo tempo dimenticati.

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