Da Jack Dorsey ad Elon Musk: due guide che paiono essere agli antipodi e che determinano per il social network di Twitter due “ere” completamente diverse. Anche se é passato ancora poco tempo dal “sink in” di Musk, gli effetti della sua nuova gestione si sono già palesati – almeno per il tramite della stampa – come una sorta di vero e proprio stravolgimento per l’azienda. Se in negativo o in positivo, é ancora presto per dirlo.
In questo momento, gli utenti di Twitter paiono condividere quasi all’unanimità la stessa preoccupazione: con la nuova gestione Musk, e considerando il suo “principio primo” di libertà di parola, come avverrà la moderazione dei contenuti? E come si comporterà il social network nei confronti di parole espresse, appunto, in libertà circa l’omofobia, discriminazioni di vario genere, razzismo, bullismo?
Partiamo da un dato: ad oggi, le politiche di Twitter riguardo alla moderazione dei contenuti non sono cambiate. Dunque, almeno sulla carta, i principi di condotta per l’utilizzo della piattaforma restano ancora gli stessi della gestione Dorsey. Ma c’è un “però”.
Una delle preoccupazioni che hanno spinto diversi inserzionisti, investitori, celebrità e utenti comuni a darsela a gambe levate dal social network a seguito dell’avvento di Mr. Musk, è stata innescata dalle migliaia di licenziamenti del personale, operati nelle scorse settimane. Tra questi, anche contractor che si occupano proprio di moderazione. Dunque il dubbio non può che emergere con forza: pur rimanendo validi sulla carta i principi guida di sempre, chi garantisce che questi principi vengano effettivamente fatti rispettare?
La CNBC e la notizia delle nuove limitazioni di Twitter relative agli strumenti di moderazione
Come se non bastasse, l’emittente statunitense CNBC ha riportato ad inizio Novembre una notizia che getta ancor più benzina sul fuoco: i dipendendi rimasti nell’azienda con responsabilità di moderazione, si sono ritrovati con meno strumenti operativi a loro disposizione.
In altre parole: Twitter ha limitato l’accesso ai tool di moderazione. Dunque non soltanto il licenziamento dell’80% dei dipendenti impegnati nella moderazione dei contenuti, che solleva più che legittime perplessità riguardo alla possibilità effettiva di gestire tutte le segnalazioni, ma anche meno strumenti a disposizione per poter effettuare le operazioni necessarie.
Nel frattempo, Musk ha però introdotto un “Consiglio per la moderazione dei contenuti”. Primo compito: valutare il caso Trump. Il quale, però, ha già fatto sapere di non avere alcuna intenzione di tornare a “cinguettare” (ne abbiamo parlato qui). Il dubbio più grande riguardo al “Consiglio”, tuttavia, é che sia stato pensato principalmente per account di particolare rilevanza, ovvero di figure pubbliche, note e popolari con seguiti rilevanti. Così ci domandiamo: può una “authority” interna all’azienda decidere di moderare – fino ad escludere a vita – account che generano per le sue casse profitti da capogiro?