Se pensiamo a videogiochi e colonne sonore, non possiamo non pensare a Doom, il videogioco con la colonna sonora più tosta che esista. Scopriamo e ascoltiamo assieme cosa significa creare e ascoltare musica per Doom.
Non tanto per questione di meme, dato che il metal viene anche usato come tale, ma la fanbase di Doom è circondata da un alone di mistica e timorosa riverenza nei confronti del compositore ed esecutore Mick Gordon, noto per averne scritto la colonna sonora. Come sempre, quando si leggono le righe di IN-EAR, saranno presenti aneddoti sulla produzione musicale e del suono, preceduti da una breve riflessione sul ruolo che la musica e la colonna sonora giocano nel titolo. Oggi, nello specifico, si tenterà di trovare un filo conduttore tra suono, engagement con il gioco e le sue meccaniche e ovviamente l’ingrediente principale della colonna sonora di Doom: l’adrenalina.
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Ad un primo acchito potremmo esaurire il discorso sull’importanza della colonna sonora all’interno del gioco un una semplice espressione: la colonna sonora di Doom è adrenalina pura. I ritmi aggressivi alternati a tracce di buildup dai suoni infernali (sul come sono stati ricavati si ragionerà poco sotto) creano la giusta atmosfera per calarsi nei panni del Doom Slayer e costruiscono un contesto e un mood ben definito che aiuta il giocatore ad affrontare il gioco in una determinata maniera.
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È proprio questo il punto: la “determinata maniera”. I nuovi titoli della serie Doom (tra cui DOOM e Doom: Ethernal) sono strutturati in modo da dare a disposizione una serie di tasselli al giocatore in modo che lui completi l’affresco di gameplay. Le scelte di game design, molto più visibili in Doom: Ethernal, portano il giocatore su una pista di complessità e sfida crescenti in modo tale che lui stesso venga catturato dal gioco e sia spronato a giocare in un determinato modo.
Detto in altre parole: i giochi di Doom sono strutturati non solo in modo da permettere al giocatore di “diventare bravo” ma anche di ricevere dei premi per la propria prestazione in combattimento, portando il giocatore ad avere engagement con il gioco stesso. In un certo senso, Id Software ci invita a giocare in un certo modo e lo fa mediante il proprio game design, con la schivata, le Glory Kills, le granate, le armi giuste nel momento giusto, la motosega e via discorrendo. Tuttavia, in questo meccanismo si inserisce la potenza del sintetizzatore, della chitarra e delle percussioni, che non solo accompagnano il gameplay ma lo valorizzano.
Gordon ha realizzato la colonna sonora dopo aver messo mano ad una build preliminare del titolo e ha operato appositamente per tessere dei brani e cucirli a filo doppio al ritmo di gioco. L’algoritmo di gioco seleziona accuratamente pezzi di brani musicali, li alterna a seconda delle azioni e delle animazioni delle Glory Kill e lavora assieme agli strumenti a nostra disposizione per far sentire il giocatore un’autentica macchina di morte e rabbia. Giocare un videogioco senza colonna sonora spesso fa perdere qualcosa ma nel caso di Doom fa mancare un pezzo di esperienza insostituibile proprio per questo approccio organico a visione d’insieme.
Gordon ha tenuto come mantra, durante tutto l’arco della produzione, il motto “change the process, change the outcome”. In dialogo con Chris Hite, Chad Mossholder e Ben Carney (rispettivamente audio director, principal audio designer e audio designer) era stata definita una moodboard ben definita e delle linee guida molto specifiche ma incredibilmente complicate da conciliare: doveva essere musica completamente nuova, che nessuno avesse mai sentito, doveva essere perfettamente in sinergia con il gioco e soprattutto doveva “entrare immediatamente nei cuori dei fan”.
Già solo l’ultimo punto risulta una sfida titanica per qualunque creativo ma, nonostante ciò, ogni singolo fan di Doom adora la colonna sonora. Il punto principale e che costituì l’ostacolo più difficile da aggirare è il seguente: niente chitarre. Gordon, per amor di brevità e per non andare troppo sul tecnico, ha elaborato un setup appositamente per creare sonorità completamente nuove. Gordon, quindi, come primo mattone del proprio lavoro, ha creato un modo di ottenere riverbero in base all’input dato.
Nella sua mente, come lui stesso dichiara, si era creato un’immagine del suono come “qualcosa che pulsa o fluisce”, proprio come una massa d’acqua che si sposta. Tutto ciò di cui aveva bisogno era utilizzare il suo setup per poter giocare con “pitch” e “amplitude” (intonazione e ampiezza) con alla base l’unità fondamentale del suono: una semplice sinusoide. Tutto ciò che ha fatto è stato immettere una semplice sinusoidale, la forma più pura del suono, e sperimentare e giocare con i diversi strumenti a disposizione.
Nonostante l’intuizione geniale di Gordon nel creare nuovi suoni, come da lui stesso sostenuto durante i meeting, “non suona come Doom”. La ricerca di uno “stile-Doom” per la nuova soundtrack era ancora incompleta, specie perché era sì un tipo di sonorità ancora inesplorata ma non era perfettamente in sinergia con il titolo e i dubbi sul gradimento dei fan erano ancora molti, secondo la sua sensibilità. Dunque, nonostante l’iniziale veto sull’uso di chitarre, Gordon riuscì a negoziarne la presenza per portare il sound a quello che conosciamo oggi, aggiungendo “il 5% di chitarra nelle tracce”. Tuttavia, l’originalità e la creatività del compositore e polistrumentista australiano ha avuto ancora carte da giocare, dato che ha saputo dare comunque un tono fresco e difficilmente incasellabile alle tracce ove sono presenti.
Innanzitutto, la distorsione, ottenibile con dei semplici pedali, ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale ma l’intuizione più folle e geniale è forse quella che ha portato Gordon ad effettuare un’interpolazione dei suoni della chitarra e dell’effetto della motosega campionato dal primo Doom: il suono caratteristico di un gioco dentro la colonna sonora di se stesso.
Lo spirito assieme creativo e goliardico di Gordon si può riconoscere anche negli spettrogrammi di alcuni brani, dato che ha inserito vere e proprie immagini all’interno del software per ricavarne suoni particolari. Con la consapevolezza che qualcuno, prima o poi, se ne sarebbe accorto, ha inserito per scherzo “666” e un bel pentacolo rovesciato all’interno della traccia Cyberdemon e, in più, come contrappeso, anche una distorsione della sua voce che dice al contrario “Jesus loves you”.
Il lavoro di un professionista come Mick Gordon, quindi, si compie non solo grazie a competenze e sensibilità musicali ma anche soprattutto con una cultura poliedrica e tecnica che abbraccia l’ambito del suono e, per questo, la creatività, la sperimentazione e l’uscita dagli schemi sono approcci da incoraggiare, da scoprire e all’occasione da premiare, con i dovuti crismi.
Insomma, in via di massima, la musica è un mezzo d’espressione che sfrutta tutte queste componenti, esattamente come facciamo noi stessi con il nostro modo di vestire, di parlare, di scrivere o agire. Risulta anche vero che per rompere le regole e produrre “musica mai ascoltata prima” è necessario un certo grado di conoscenza, sia per questioni di consapevolezza che di approccio (un Picasso, per esempio, conosceva perfettamente l’anatomia umana, motivo per cui era in grado di deformarla). Ed è questo che Mick Gordon è stato in grado di fare: superare una sfida grazie ad una conoscenza di più ambiti e, finalmente, è stato in grado di creare dei brani e delle sonorità completamente nuove, avvolgenti e adrenaliniche.
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