Nel capitolo di oggi di IN – EAR, forse anche in onore della recente acquisizione di Bethesda e Zenimax da parte di Microsoft, analizzeremo il comparto sonoro e musicale di Fallout 4.
Dalla composizione originale della colonna sonora a tutte le tracce incluse nelle stazioni radio, anche Fallout 4 sfrutta il suono per comunicare qualcosa di preciso ma soprattutto di politico. Parlando di Fallout, ci si confronta necessariamente con l’argomento della distopia e del post-apocalisse, ovvero un riflesso delle paure del nostro tempo (più precisamente degli anni ’50, dato il contesto retro-futuristico) proiettate nel futuro e, nel caso in questione, si cercherà di tracciare la connessione tra i brani swing e come essi intervengono nel disporre gli elementi di una critica politica intrinseca del genere di riferimento.
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Tolte magari le riflessioni sviluppate al concetto di passato e temporalità legate alla musica, i brani, per esempio, di Diamond City Radio parlano in maniera molto forte e chiara allo spettatore ma, prima di tutto, bisogna fare qualche premessa circa il genere di riferimento. Definendo Fallout come rientrante nei canoni del genere distopico post-atomico, presenta infatti tutte le caratteristiche necessarie per far convergere nello scenario le paure e i timori del mondo nei confronti dell’energia nucleare. Il mondo si è come congelato in un retro-futuro dove l’estetica è rimasta la stessa degli anni ’50 e tutto è alimentato ad energia atomica, proprio come nei romanzi di Asimov, dove possiamo assistere alla comparsa di gadget improbabili come il rasoio atomico.
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Come anticipato, il tutto ha in modo intrinseco un significato fortemente politico: vengono stigmatizzate in termini futuri (da qui l’onnipresenza della particella “post”, il “post-qualcosa”) le conseguenze delle azioni e delle scelte delle persone nel tempo della narrazione. Tutto ciò porta al progressivo imbarbarimento dei rapporti sociali tra gli uomini, che si può riconoscere nelle varie fazioni, da quelle dei predoni alle più autoritarie, all’annientamento della società in quanto tale. Tutto ciò viene rappresentato proprio perché il contesto violento e nichilista del post-apocalittico mette l’accento sulla caducità dei rapporti fra società umana, risorse e paesaggio, che sono capaci di innescare una maggiore preoccupazione nei confronti dell’ambiente, formulandola nella maggior parte dei casi secondo una prospettiva mainstream, di tipo elegiaco-preservazionista, oppure conservazionista (dell’Agnese, 2012).
Insomma, il genere distopico post-apocalittico/post-atomico necessita di un ulteriore ancoraggio e proprio per questo vengono utilizzate come hit radiofoniche canzoni provenienti dall’attimo congelatosi nel tempo: brani provenienti da quei lunghissimi anni ’50 che hanno portato al quasi totale annientamento dell’umanità.
La critica del genere, dunque, data l’ossessiva ricorrenza del tema dell’ambiente americano, avviene anche mediante e attraverso la scelta di musica tipicamente americana: lo swing, il blues e il rock ‘n roll. la musica anni ’50 di Fallout si inserisce nella distopia post-nucleare. Sparare, mutilare, spappolare e disintegrare mostri, briganti, mutanti e macchine semi senzienti al ritmo di “Bongo bongo io sto bene solo in Congo” fa un certo effetto; senz’altro è un’aggiunta grottesca che fa uso della canzone americana per eccellenza in un contesto in cui gli Stati Uniti sono stati in parte responsabili della distruzione totale e funge come sorta di “coccola” nichilista: cos’altro potrebbe essere di più bizzarro e dissonante di ascoltare musica così allegra e movimentata in uno dei peggiori scenari possibili per l’essere umano?
Il neoprimitivismo che caratterizza i rapporti tra fazioni (equiparabili a vere e proprie tribù che permettono l’ingresso del protagonista dopo un’iniziazione, resa in termini di gioco con una quest da completare per potercisi affiliare), che si traduce essenzialmente in violenza, viene esaltato e messo in risalto dall’allegria della musica, facendo forse anche da ulteriore contrafforte alla già presente critica insita del genere: il mondo è finito, questo è quanto rimane delle scelte e delle azioni prese da coloro che hanno distrutto il mondo e ora è giunto il momento di dare sfogo alle pulsioni e passioni più primitive, crogiolandosi nella violenza. Ed ecco che i creativi di Bethesda riescono ad aggiungere il loro apporto ad un genere già esplorato e sviscerato, completando con una dose di follia sfruttando l’elemento musicale come collante.
La storia di Fallout 4 è molto personale. Il gioco inizia con un ritratto famigliare che riscalda il cuore e le premesse narrative alla base del viaggio del Lone Survivor sono la tragedia della perdita del proprio marito e la ricerca del proprio figlio rapito. Ecco, dunque, che, canzoni swing a parte, la colonna sonora vera e propria del gioco fa ampio utilizzo del pianoforte, strumento molto ultilizzato per composizioni a carattere intimo ed emozionale.
Il compositore è Inon Zur, personalità del settore affiliato al franchise ma che ha messo mano anche a progetti come Baldur’s Gate II: Throne of Baal e Icewind Dale II, ha deciso di sovrapporre quindi il pianoforte acustico ad una sua versione elettrica, per rendere il suono più avvolgente. In particolare gli studios hanno stretto un accorto con la cantante e attrice Lynda Carter, che ha collaborato al titolo nella scrittura e nell’esecuzione di alcuni pezzi originali oltre ad essere stata introdotta nel gioco con il nome di Magnolia.
La supervisione delle tracce di gruppi esistenti, come ad esempio i The Ink Spots, è stata affidata a Christopher S. Parker e Ian M. Anderson, che hanno seguito le direttive di Todd Howard, cimentandosi non solo nel recupero di grandi brani di grandi artisti blues/rock ‘n roll/soul, come il già citato Civilization, ma anche nel rispolverare artisti meno noti ma tematicamente connessi.
La scelta in particolare verte su una serie di brani che riguarda proprio la tematica del nucleare: Uranium Fever e Rocket 69, per esempio, come per esaltare ancor di più quanto fosse naif e ottimista il panorama musicale dell’epoca. L’ottimismo utopico che scaturisce dai testi delle canzoni è stato accuratamente rilevato e selezionato in modo che si potesse esaltare quanto più possibile l’aspetto e le tematiche apocalittiche che permeano Fallout 4. Non a caso, gran parte di queste canzoni sono tratte dal documentario The Atomic Cafe successivamente espansosi grazie ad Atomic Platters e Radio CONELRAD.
Insomma, da qualsiasi parte la si voglia guardare, la produzione musicale di Fallout 4 è intessuta a filo doppio non solo al gioco stesso ma riesce a valorizzare le tematiche di un genere fortemente politico e di critica come il distopico post-atomico/post-apocalittico. Il concetto, in ogni caso, è estendibile ad ogni Fallout, che presenta grossomodo la medesima direzione, dando vita ad una saga che riesce a rimanere un evergreen non solo dal punto di vista ludico ma anche e soprattutto tematico e politico, dato che il discorso politico portato avanti da questo particolare genere, come la politica in generale nei videogiochi, rimane una caratteristica inscindibile del prodotto.
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