Il pezzo della rubrica di IN-EAR di oggi è molto particolare, in quanto parleremo di una saga intera, Halo, di cui analizzeremo sia la colonna sonora quanto l’utilizzo del suono in generale.
Halo ha sempre ricevuto cure particolari: trattandosi forse del gioco di punta della console Microsoft Xbox, Bungie prima e 343 Industries poi, il comparto musicale e sonoro ha sempre avuto un posto di rilievo nella produzione dei titoli, visto che il suono è quella vibrazione che dà vita ad ogni modello 3D, texture o pixel di cui si compone la scena di gioco. Analizzare brano per brano di tutta la saga (che conta innumerevoli titoli, tra spin off twin stick shooter e titoli i cui eventi avvengono in parallelo alla saga principale come Halo Wars) è impossibile ed ecco perché oggi rifletteremo sulla consonanza tra musica e genere e di come la colonna sonora sia differente da gioco a gioco per impostare mood differenti.
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I temi di Halo sono diversi ma il tutto si può ricondurre, per quanto riguarda la saga principale, alla crociata intrapresa dall’alleanza di specie aliene chiamata Covenant. L’umanità, dopo aver perso le proprie colonie, si ritrova prima a scoprire un “Anello sacro”, un Halo, una struttura tecnologia studiata per combattere un antico parassita, e poi a doversi difendere direttamente sulla Terra. La furia zelota dei Profeti dei Covenant porterebbe la galassia all’annientamento, visto che l’unico modo per debellare il parassita è fare in modo che non possa nutrirsi e il credo dell’alleanza religiosa Covenant si basa sull’attivazione di codeste reliquie del passato.
I toni, dunque, passano dal solenne all’epico, ma lo studio della colonna sonora ha condotto delle tracce che hanno segnato una generazione. Non solo grazie all’epicità raggiunta da Halo 3, grazie al suo One Final Effort, forse uno dei brani più iconici di sempre, ma anche grazie a tutto il percorso compiuto dal resto della produzione musicale. Si può parlare, essenzialmente, di diversi generi: si spazia dal tribale puro alle sonorità prog rock, che si mischiano in un unicum dalle particolari sfumature. Da un lato ci viene ricordato come l’umanità sia primitiva in confronto ai Covenant, mentre dall’altro abbiamo i suoi alieni e sperimentali del prog che danno voce ai Precursori, i misteriosi a antichi creatori degli artefatti. Il tutto, ovviamente, viene condito con cori angelici, a rimarcare forse lo sfondo fortemente religioso che caratterizza la prima trilogia e non mancano le chitarre elettriche (come ad esempio in Rock Anthem for Saving the World) per quel pizzico di follia e carica che servono per una saga, in fin dei conti, che punta molto sull’azione e la spettacolarità.
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Con Halo 3 ODST, invece, la musica cambia (in tutti i sensi). Si tratta di un vero e proprio esperimento, sia dal punto di vista di narrativa che sonoro, dato che non si impersona nemmeno uno Spartan ma, appunto, un ODST. Qui le tonalità virano direttamente sul noir, cambiando registro, arrangiamento e sonorità. Qui, di nuovo, si compie il perfetto lavoro di matching tra toni della storia e colonna sonora (o meglio dire, come ormai sappiamo, “una colonna sonora stessa che definisce, in principio, il genere”). ODST, tuttavia, compie un passo in più e modifica addirittura il genere di gioco, oltre ad esprimersi in altri termini.
Tralasciando, magari, il risultato finale e la qualità effettiva della narrazione, l’impiego di strumenti come il sassofono e l’onnipresente pianoforte e sonorità più contemplative e solitarie rendono alla perfezione la situazione del protagonista. Anzi, il tipo di musica che viene implementata è proprio quella dei film del genere noir, il jazz, tant’è che il gioco stesso ne ricalca gli stilemi: un personaggio si aggira per una metropoli per risolvere un mistero è al contempo la trama (o quantomeno dei topoi di genere) di tutti i film noir e anche di ODST. Per di più, il protagonista, proprio come in molti noir, è chiamato Rookie, un novellino, ed è alle prese con un caso particolarmente difficile, che nel caso di ODST portano sulle tracce dei vari membri della sua squadra di truppe d’assalto speciali e, in parallelo, ad essere testimone di una fuga dalla città di Nuova Mombasa di una cittadina che ricalca per stile e figure l’inferno di Dante.
Giunti ad Halo: Reach, caratterizzato da toni ancora più diversi, dove la presenza di marce fa da padrona, si guarda ad un gioco dove la presenza militare si fa più presente dal punto di vista stilistico. Nonostante tutta la vicenda di Halo ruoti attorno a termini strettamente militari, Reach in particolare comunica meglio gli stilemi del film di guerra proprio grazie alla colonna sonora e anche e soprattutto grazie alla sua struttura e narrativa: meno epica e decisamente più tragica, che strizza l’occhio alla cultura militare dei veterani statunitense.
Per quanto riguarda Halo 4, invece, siamo nello sci fi nudo e crudo, dove gli strumenti classici spesso cedono il passo all’elettronica pura. Halo 4, svolgendosi interamente su un mondo artificiale, comunica la sensazione di straniamento in maniera diversa dai primi Halo, anche grazie ad una direzione artistica e sonora differente, ad opera di Neil Davidge, trattandosi del primo titolo originale di 343 Industries.
Disseminare easter egg è sempre stato un diletto per Bungie e, nel caso di Halo, oltre a introdurre scimmie, armi assurdamente potenti e dialoghi al limite del surreale (sì, Chips Dubbo, parlo di te), sono innumerevoli le tracce della durata di 1:17, ovvero il numero che contraddistingue il protagonista della saga principale, o 3:43, come easter egg per 343 Guilty Spark.
In tutto ciò, sbuca la passione di Bungie per il 7, visto che nel primo caso appare un “7” nella durata della traccia e 343 è una potenza di 7 (più precisamente 7^3), così come lo è 2401, il numero di un altro personaggio simile a Guilty Spark, Penitent Tangent.
Infine, si nota un generale filo conduttore che collega le varie colonne sonore attraverso la prima trilogia: in una struttura che va oltre al leitmotiv, ogni gioco presenta la propria versione di un brano del primissimo titolo della saga. Infatti troviamo diversi adattamenti di A Walk in The Woods, per citare un esempio, così come molti brani presentano interi pezzi in comune, riarrangiati o meno.
Visto, inoltre, l’argomento, ci teniamo a condividere un estratto del lavoro dei sound designer, visto che si interseca parzialmente con la composizione e l’esecuzione della colonna sonora. Per un pizzico di hype, ecco qui parte del lavoro di 343 Industries nel realizzare i suoi di Halo Infinite. Spesso non bastano maestria negli strumenti, nella teoria musicale o composizione, sempre più spesso serve inventiva, conoscenza trasversale e soprattutto scientifica, un po’ come dimostrato da Mick Gordon, che ha letteralmente creato un suono per dare un carattere definitivo al gioco. Ed ecco che si utilizzano corde di pianoforte raffreddate con ghiaccio secco per produrre suoni da brivido, latrati e versi di carlino e chissà quanti altri suoni scelti ad hoc per creare uno dei titoli più attesi della nuova generazione.
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