Capita a tutti di sbagliare, anche ai migliori. Non vogliamo quindi fare una crociata contro uno dei tanti svarioni della stampa videoludica, ma ragionare sui motivi che hanno portato a una grave disattenzione. Tutto nasce da una articolo di VG 247.com di qualche giorno fa, intitolato “Is Uncharted 4: A Thief’s End too formulaic?”. Nel pezzo, l’autore analizzava il gameplay di Uncharted 4 basandosi sulle impressioni scaturite da una sessione durante il Tokyo Game Show. La critica principale era il fatto che non c’erano novità, che tutto era uguale al secondo capitolo. Tutto vero. Peccato che il giornalista in questione stesse effettivamente giocando alla versione remastrered di Uncharted 2: Among Thieves, convinto però si trattasse del quarto capitolo per “colpa” di un cartellone (in giapponese) di fianco alla postazione. La cosa ha suscitato l’ilarità del Web e, giustamente, anche le scuse della redazione che non si è nascosta dietro a un dito e ha ammesso lo scivolone.
Ora, qualche trollata ai nostri amici/concorrenti ci starebbe pure bene, ma non ce la sentiamo di infierire, per tanti motivi. Perché su Internet sono stati trollati a sufficienza e perché ci rendiamo conto che errare è umano, soprattutto in un settore dove conta più la velocità che la completezza, più il retweet immediato del meme di turno che un articolo di spessore, magari pubblicato 24 ore dopo. Nessuno ne è immune, neanche noi. Che pure di errori (fortunatamente mai così grandi!) ne abbiamo commessi… E chi è senza peccato scagli la prima pietra! Vale soprattutto per il videogioco come per la musica, la politica e l’informazione in generale: non è che i vari quotidiani, italiani o stranieri, non facciano mai sciocchezze di questo calibro, anzi. Ma perché accadono? A parere di chi scrive, sono due i problemi principali. Il primo è la succitata velocità: quando conta più la condivisione veloce rispetto alla qualità del contenuto, è ovvio che si predilige postare 100 articoli mediocri che 10 di qualità. Secondariamente, c’è anche una questione di professionalità. Se un tempo il giornalista era una persona che aveva fatto una lunga gavetta redazionale, seguito da colleghi più esperti in ogni aspetto, oggi le cose sono cambiate. Tutti si improvvisano giornalisti, basta avere un blog, non serve nemmeno più saper usare il congiuntivo correttamente. Così facendo, le nuove leve non hanno più bisogno dell’esperienza dei colleghi più anziani, delle riunioni di redazione, della supervisione. Tutti postano, pubblicano e cianciano, senza una revisione dei testi ponderata, senza avere la necessaria formazione professionale e deontologica necessaria per evitare questi svarioni. Sia chiaro: non che in passato i giornalisti non scrivessero madornali cazzate. Semplicemente, erano affiancati da una redazione che verificava, controllava ed evitava che certe cose venissero pubblicate. Nelle redazioni dove ho lavorato i muri erano adornati con le “perle” dei vari colleghi (comprese le mie, ci tengo a sottolinearlo, che mica sono esente dalle minchiate). Oggi, non esiste più la redazione e di conseguenza è anche più difficile per le nuove leve imparare il mestiere. Sempre che serva, impararlo, visto che è sempre più difficile, se non impossibile, vivere di giornalismo, considerati i compensi ormai ridotti all’osso.
Di certo non si può esaurire l’argomento in poche righe, ma oggettivamente più che arrabbiami per l’errore di VG 24/7, mi sento vicino all’autore di quella boiata, perché quando ho iniziato a fare questo mestiere probabilmente qualcosa del genere sarebbe scappata pure a me, se non avessi avuto i colleghi più anziani a rivedere e controllare ogni parola sino allo sfinimento prima che venisse pubblicata. Oggi, purtroppo, la notizia viene scritta e pubblicata, spesso senza il faticoso lavoro di controllo delle fonti e cucina redazionale che caratterizzava questo mestiere e distingueva il professionista da chi si improvvisava. Certo, le notizie le abbiamo subito, praticamente in tempo reale. Peccato che non sempre siano affidabili.
Fonte: Gamepur
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