PAMA, la Professional Audio Manufacturers Alliance, ha sottoposto ai suoi membri un sondaggio per decidere come cambiare il linguaggio tecnico per favorire l’inclusività e un linguaggio neutrale che non avalli la discriminazione.
Può sembrare una questione di lana caprina, in fondo sono cavetti e prese, ma il linguaggio plasma la realtà e se si può avere un nome migliore e meno offensivo per qualcuno perchè non provarci? Qualcuno diceva che una rosa anche se non la chiami rosa profuma comunque.
Abbiamo smesso, almeno la maggior parte di noi, di usare per esempio la brutta parola con la N e stiamo imparando che le professioni hanno un maschile e un femminile e che dovremmo usare le due forme per rispettare chi abbiamo di fronte.
Ma abbiamo bisogno di smettere anche di chiamare maschio e femmina i jack che hanno il perno o il foro? O di definire master l’apparecchio che comanda e slave quelli che seguono i comandi?
Prima di andare avanti vogliamo riportarvi una dichiarazione direttamente dal comunciato stampa di PAMA che chiarisce lo scopo della consultazione. A parlare è stata Dawn Birr (Sennheiser), membro del PAMA Inclusion Committee: “Lo scopo del progetto è introdurre e creare normalità riguardo un linguaggio neutrale nell’industria audio. Oltre a sforzarci per migliorare costantemente sul lavoro, nella nostra vita personale e nella slocietà, spesso sono i piccoli passi che ci portano ai nostri obiettivi. Speriamo che intraprendendo queste azioni possiamo cominciare a far accadere cambiamenti significativi col tempo“.
Tutto è iniziato con un sondaggio che è stato inviato alle società che fanno parte di PAMA per avere anche un feedback riguardo quei termini ritenuti problematici: in testa proprio maschio/femmina e master/slave. “In fondo si tratta di trattare tutti con rispetto“, dichiara Karam Kaul (Hemran), membro dell’Inclusion Committee e Chair-Elect del Board di PAMA, “PAMA è al lavoro collaborando con Audinate e qualche altra organizzazione membro, usando un framework di Audinate come punto di partenza, con altri elementi come l’affrontare la questione della sostituzione dell’identificazione di genere per i connettori con una nomemclatura neutrale spina/presa“.
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Sul documento con i termini al centro della revisione, si nota che non è solo una questione sessista ma una generale revisione di un linguaggio che ha scelto termini di uso comune aggiungendo un’accezione tecnica. Oltre al riferimento a maschio/femmina, c’è per esempio la questione whitelist/blacklist, dummy e sanity check. E per ognuno è stato fornito almeno un termine alternativo che fornisce l’informazione anche con maggior chiarezza.
Nel mondo della tecnologia, e non giriamoci intorno, il posto di chi non è un maschio bianco è tutt’ora limitato e il inguaggio è stato forgiato da una sola componente della società. Forse non serve a molto imparare parole nuove se questo cambiamento non rientra in una ristrutturazione profonda che vada a lavorare sui preconcetti della discriminazione. Ma è un inizio. E anche le parole contano. Devono.
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