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Murdered: Soul Suspect – la recensione

Chi l’ha detto che per fare un buon action adenture serva necessariamente una massiccia dose di azione? Ricordo un tempo in cui avventura significava mistero, una trama intrigante, un protagonista carismatico e meccaniche di gioco che permettessero di interagire in modo ragionato con la storia. Mi piaceva quel tempo: le armi erano una gradita aggiunta, parte integrante di quella varietà e non elemento predominante. Oggi, sembra che molti abbiano dimenticato che esiste altro oltre alle pistole e agli inseguimenti, ma Murderd: Soul Suspect, ultimo lavoro Square Enix, sta tentando di farcelo ricordare.

Il gioco inizia in modo piuttosto spettacolare, con il protagonista, Ronan O’Connor, scaraventato giù dalla finestra da un misterioso uomo incappucciato.

Un gioco particolare, questo strano investigativo soprannaturale, fatto da un’azienda che tenta di sperimentare nuove strade… perché, diciamolo, la Square di oggi è molto lontana da ciò che era un tempo, le idee interessanti sono decisamente poche, considerato che viviamo in un mondo in cui la sicurezza (economica) che può dare uno standard, non regge sicuramente il confronto con una novità dal futuro incerto. E le caratteristiche della novità sono tutte estremamente evidenti in Murdered. La nostra prova fatta su PlayStation 4 ha mostrato una grafica in tutto e per tutto old gen, con modelli poligonali dei visi che non fanno certo gridare al miracolo, in parte rilanciati solo grazie a una direzione artistica veramente particolare, che ha gestito in maniera visivamente intelligente un comprato grafico non sempre all’altezza. Un po’ come, nel primo Silent Hill, la nebbia aveva la duplice funzione di creare la giusta atmosfera rarefatta e nascondere il campo visivo molto limitato, l’uso dei colori e delle luci in Murdered: Soul Suspect rende Salem una città oscura e misteriosa ed evita, allo stesso tempo, di evidenziare alcuni difetti tecnici del titolo.

Il gioco inizia in modo piuttosto spettacolare, con il protagonista, Ronan O’Connor, scaraventato giù dalla finestra da un misterioso uomo incappucciato. Come nelle migliori tradizioni romanzesche, il detective in punto di morte rivive i momenti salienti della sua vita, permettendo così al giocatore di venire a conoscenza del suo passato tormentato, da ex criminale redento grazie all’amore di una donna che successivamente ha perso… una sorta di Martin Riggs in salsa noire.

La struttura stessa dell’investigazione è organizzata come un susseguirsi di domande a cui gli indizi devono concorrere a dare una risposta e la cui quantità e complessità varia a seconda della trama.

A morte avvenuta, Ronan viene avvisato da una bambina (fantasma, s’intende) che lui si trova nella “Penombra” e deve sfruttare i poteri a sua disposizione per risolvere “il conto in sospeso” che lo tiene ancora legato al mondo dei vivi. Da questo punto in poi, parte un’investigazione soprannaturale che sorprende non tanto per l’originalità stessa della trama, ma per le meccaniche di gioco. Il forte rischio con Murdered era di creare un banale clone di L.A. Noire con l’aggiunta dell’elemento soprannaturale, certo, non sto affermando che l’impianto di gioco di Soul Suspect rivoluzioni i canoni dei videogame investigativi, ma è un classico esempio di come sia possibile creare un gameplay che sfrutti quanto di meglio fatto da altri titoli analoghi, per riproporlo al giocatore in un’esperienza che, a quel punto, diventa davvero unica.

Gli indizi possono essere trovati sia in modo tradizionale, cioè osservando l’ambiente, sia sfruttando le abilità da fantasma di Ronan, che comprendono una serie piuttosto varia di skill destinate a particolari tipi di interazioni con l’ambiente o con le persone; il primo può infatti essere letto come un libro grazie alle cosiddette “memorie residue”, cioè frammenti di un evento che persistono in una location anche dopo che l’evento si è concluso. Le persone, invece, possono essere possedute, con tutto quello che ne consegue, dalla lettura del pensiero al loro stesso condizionamento. Ogni abilità poi è a sua volta composita e, spesso, non è sufficiente la banale pressione di un tasto per ottenere l’agognato indizio. Inoltre, la struttura stessa dell’investigazione è organizzata come un susseguirsi di domande a cui gli indizi devono concorrere a dare una risposta e la cui quantità e complessità varia a seconda della trama: man mano che si procede nel gioco, il giocatore viene a conoscenza di un numero sempre maggiore dettagli sui misteri che avvolgono la sua morte, e ogni risposta condurrà a un nuovo interrogativo, in una spirale tipica delle detective story di un tempo.

Ogni abilità è composita e, spesso, non è sufficiente la banale pressione di un tasto per ottenere l’agognato indizio.

Salem è, inoltre, una città ricca di misticismo e oscuri segreti legati al mondo del paranormale e, spinti anche dalla qualità del gameplay – sempre divertente e vario – i giocatori saranno ben lieti di scoprirne ogni minimo particolare attraverso le numerose missioni secondarie. Murdered: Soul Suspect si trasforma così dalla semplice (si fa per dire) storia di un poliziotto fantasma che indaga sulla propria morte, a un coinvolgente intreccio di vite, che vanno a tratteggiare l’affresco culturale di un’America nascosta, più vicina a quella descritta da Stephen King che non a quella, ben più nota, delle detective story dal forte tratto pulp.

La nostra prova fatta su PlayStation 4 ha mostrato una grafica in tutto e per tutto old gen, con modelli poligonali dei visi che non fanno certo gridare al miracolo.

Ad aiutare Ronan ci sarà anche un’intrigante ragazza che riesce a parlare con le anime dei morti e che, testimone dell’assassinio, sembra coinvolta in prima persona con l’intera faccenda. Mi sentirei una carogna a svelarvi ulteriori dettagli relativi alla trama di Murdered: Soul Suspect e vi consiglio, quindi, di lanciarvi in questa splendida avventura per provare ancora una volta quel meraviglioso senso di appagamento dovuto alla soluzione di un fitto mistero.

Per scelta personale non ho voluto dedicare spazio alle sezioni di gioco più puramente action, in cui Ronan si trova ad affrontare le anime dei fantasmi intrappolati in questo limbo da troppo tempo perché, sebbene anche questo elemento sia gestito in maniera intelligente, si configura solo ed esclusivamente come un piacevole diversivo alla struttura base del gioco, dove trama, personaggi e ragionamento predominano in maniera assoluta sulla vuota frenesia degli scontri. Magari pensate che questa sia una banalità, ma come un uomo (immaginario) più saggio di me ha detto: “Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare”.

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