Quando all’interno di un film vengono mostrati stralci di un’altra pellicola, solitamente il gesto è molto più di quello che sembra, non una banale citazione, bensì una dichiarazione d’intenti. E se in un film di corse automobilistiche un’intera scena è girata in un drive in dove proiettano Bullitt con Steve McQueen, è evidente che il regista sta mirando decisamente in alto. Need for Speed, infatti, non è banalmente un tie-in, cioè un’opera multimediale ispirata a un franchise già noto, ma un vero e proprio film di corse automobilistiche, con tutte le caratteristiche al posto giusto.
Se volete NOS a palla, livree accecanti e manovre che sfidano la legge di gravità, rimettete nel lettore DVD il primo glorioso Fast and Furious.
È possibile analizzare Need for Speed sotto due diversi punti di vista, il primo attraverso i suoi legami con l’arcinota e omonima serie di racing game targata EA, e il secondo come film a se stante. Metto subito in chiaro il fatto che, a differenza di molti altri tie-in, questo Need for Speed sceglie la via più rischiosa, quella del completo distacco. Videogioco e film, infatti, non hanno molti punti in comune se si esclude il titolo, i bolidi da sogno e le corse illegali. Volendo essere cinici, si potrebbe aggiungere a questo elenco di analogie anche l’elemento trama, che, nella trasposizione cinematografica, così come nella versione interattiva, non è altro che un mero pretesto per legare i diversi momenti di racing estremo. Chiunque vada al cinema aspettandosi la versione in celluloide di Underground 2 è ampiamente avvisato: se volete NOS a palla, livree accecanti e manovre che sfidano la legge di gravità, rimettete nel lettore DVD il primo glorioso Fast and Furious, perché in questo Need for Speed non ne troverete. Se invece siete interessati a vedere un film di corse automobilistiche vecchio stile, senza finzioni da computer grafica e con tanti stunt di alta qualità, siete nel posto giusto.
Se avete giocato alla serie di Electronic Arts riconoscerete tutte le vetture da sogno presenti all’interno del film.
La trama di Need for Speed ricalca tutti gli stilemi classici delle storie che raccontano la rivalità tra il ricco e sopravvalutato campione e il povero ma talentuoso ragazzo sfortunato, che si è lasciato alle spalle il piccolo borgo per inseguire il successo nella grande città… portando via con sé l’ex ragazza del suo antico rivale. Ma le cose, per il nostro giovane eroe non vanno proprio bene: l’officina di famiglia sta andando a rotoli. Tuttavia, proprio quando tutto sembra perduto, improvvisamente il perfido campione, alias Dino Brewster, torna in città proponendo al suo rivale, Tobey Marshall, l’affare della vita.
Tutti gli inseguimenti, tutti gli scontri, tutte le acrobazie sono registrati live da attori e stuntman professionisti
Sfortunatamente, non è tutto oro quel che luccica, e dopo un breve momento di fortuna, accade l’irreparabile. Il motore della storia è dato infatti, dalla morte di Pete, migliore amico di Tobey e fratello della ragazza del perfido Dino. Il giovane muore durante una corsa (ovviamente illegale) a causa del ribaltamento della sua vettura, una splendida Koenigsegg Agera rossa e nera, per una manovra azzardata dello stesso Dino. Tobey viene accusato del fattaccio, mentre, da buon vigliacco riccone, il campione scompare nel nulla. Questo è solo l’antefatto, poiché dopo 40 minuti di film e ben due anni di galera, il meccanico è fuori (di testa) e pronto alla vendetta. Unico obiettivo: infrangere tutte le leggi esistenti pur di dimostrare la sua innocenza sulla strada. Da questo momento, e per i restanti 80 minuti, è tutto un rombo di motori, curve in derapage, sterzate col freno a mano tirato e sverniciate aggressive: una folle corsa attraverso l’America, che porterà Tobey ad affrontare Dino, a bordo della famosa Koenigsegg scomparsa, nella più estrema e famosa corsa illegale d’America, la De Leon.
Se dovessi basare il mio giudizio solo su questi elementi, potrei tranquillamente dire che Need for Speed è un film che supera di poco la sufficienza. Certo, ha l’indubbia qualità di non trasformarsi in una parodia mal riuscita dei grandi classici a cui si vuole palesemente ispirare (ricordo ancora con orrore il Gone in 60 Seconds con Angelina Jolie e Nicolas Cage), ma non regala allo spettatore nessun guizzo narrativo capace di elevarlo dalla media dei film di corse. Discorso completamente diverso se penso invece alle scene girate nelle vetture, che sono oltre i 2/3 del totale.
Numero uno, le auto. Se avete giocato alla serie di Electronic Arts riconoscerete tutte le vetture da sogno presenti all’interno del film: dalla già citata Koenigsegg Agera del reboot di Most Wanted (2012), passando per la Mustang GT del MW originale, per finire con la McLaren P1 di Rivals. Ogni singolo bolide sprizza mascolinità e alta velocità da tutti i pori ed è un’emozione vederle correre, per davvero, per quelli che, come me, hanno trascorso ore guidando virtualmente questi gioielli della meccanica. Di solito, automobili come la Lamborghini Elemento vengono progettate per essere utilizzate solo in pista, dove non sono previste le sportellate degli altri piloti, ma in Need for Speed vengono strapazzate alla stregua di una “qualunque” BMW Z4.
Numero due, le gare. In due ore, non un singolo fotogramma di CGI legato alle sequenze in auto. Tutti gli inseguimenti, tutti gli scontri, tutte le acrobazie sono registrati live da attori e stuntman professionisti, e girati da Scott Waugh che, in questo film, ha supervisionato personalmente anche la seconda unità. Alcuni non apprezzerebbero un virtuosismo di questo tipo, ma chi è nato prima del 1990 ricorda benissimo il sapore di un inseguimento alla Terminator 2. C’è stato un tempo in cui gli stunt erano reali e le esplosioni (quelle col fuoco) regalavano al film un sapore di vero che oggi è molto difficile da trovare. L’ultimo della stirpe, prima di Need for Speed, è stato Death Race, di Paul W.S. Anderson, datato autunno 2008.
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