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Oracle contro Google: la sentenza della corte suprema sul caso

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito la vittoria di Google sopra Oracle, nel caso che vedeva come oggetto del contendere dei diritti su precise stringhe di codice Java (di Oracle) da utilizzare nello sviluppo di Android.

Fonte: “Pixabay”

Inizialmente, la Corte d’Appello aveva accolto la domanda di risarcimento presentata da Oracle, che aveva accusato Google di violazione dei diritti d’autore su delle linee di codice Java utilizzate all’interno del sistema operativo Android. È quindi fair use l’utilizzo di suddette stringhe da parte del colosso Google, che non dovrà risarcire Oracle per la cifra iniziale per i danni: 9 miliardi di dollari. Più nel dettaglio, Oracle sosteneva di dover essere risarcita da parte di Google in quanto 11.000 linee di codice di Java erano presenti all’interno del sistema operativo Android, che viene attualmente utilizzato da oltre 2 miliardi di smartphone.

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Niente sanzioni per Google nella causa contro Oracle

La domanda di risarcimento di Oracle viene respinta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. L’utilizzo di Java da parte di Google è fair use. Fonte. “Oracle”

Il caso fu accettato dalla Corte d’Appello nel 2018 ma venne poi passato alla Corte Suprema in un secondo momento, che ha infine stabilito che quelle 11.000 stringhe sono fair use. Con una maggioranza di 6 magistrati contro 2, è stato considerato corretto l’uso da parte di Google utilizzare quelle 11.000 stringhe di codice nella programmazione delle API di Android (Application Programming Interfaces). Il rilevamento da parte di Oracle dell’utilizzo di parte del codice di Java risale al 2010, al tempo dell’acquisizione di Sun Microsystems.

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La scelta della Corte Suprema è stata ponderata tenendo in considerazione una particolare clausola delle leggi americane sul diritto d’autore. Infatti, parrebbe che Google sia riuscita ad avvalersi di un fair use del codice proprio grazie a suddetta clausola, che permette l’utilizzo di materiale normalmente coperto da diritti d’autore, in alcune condizioni, senza bisogno di autorizzazione.

De facto, si trattava del motivo principale di Google, dato che suddetto codice viene utilizzato senza ostacoli dagli sviluppatori per migliorare non solo le funzionalità della piattaforma ma tutto l’ecosistema di app che interagiscono con essa, dato che le API sono dei veri e propri “ponti” in grado di far dialogare tra loro diversi programmi e applicazioni.

 

Stefano Sacchi

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