Mentre ovunque gli artisti e i tecnici del mondo chiedono di fermare l’abominio dell’intelligenza artificiale generativa c’è invece chi prima licenzia e poi investe proprio nella IA.
Il timore espresso da più parti, da tanti attori, artisti, tecnici che lavorano nell’industria dell’intrattenimento sembra non essere solo un timore folle di chi non ci capisce nulla.
Perché la tempistica di questo investimento non può non farci pensare a un taglio della creatività umana in favore di quella omogeneizzata, rigurgitata e sostanzialmente orrenda da guardare prodotta dalle IA. L’assurdo è che più gli artisti si fanno sentire e più sembra che invece in alto chi prende le decisioni si convinca di poter tagliare qualche spesa e ottenere lo stesso risultato. Ma forse chi è in alto non si fa una domanda che invece, basta fare un giro sui social, moltissimi cominciano a porsi.
Via i developer entra la IA, ma chi li comprerà i giochi?
Nel giro di una settimana abbiamo visto chiudere almeno tre studi di sviluppo di varia dimensione. Tra questi lo studio che il colosso di streaming della grande N rossa aveva messo in piedi per poter combattere ad armi pari anche in questo frangente. Dentro Netflix sono stati infilati i videogiochi ma per lo più si tratta di versioni mobile e di esperienze di piccolo calibro.
L’annuncio di un team in cui entravano veterani che hanno lavorato su Halo e God of War ci ha fatto sperare di poter vedere prodotti nuovi ed entusiasmanti. E invece, nonostante tutto il talento e nonostante il tempo che i membri di questo team di sviluppo avevano passato a cercare di costruire un ARPG per PC in terza persona è arrivata la chiusura. Una chiusura che è triste ma che è ancora più triste perché è stata seguita a breve giro dall’annuncio entusiasta che la società sta abbracciando l’intelligenza artificiale generativa per i videogiochi.
Su LinkedIn Mike Verdu, Vice President at GenAI for Games, si è dichiarato entusiasta dell’opportunità di utilizzare questa tecnologia collegando quello che si potrebbe fare con l’intelligenza artificiale con quel momento d’oro degli Anni ’90 (oh, l’orrore).
Parlando, senza parlarne apertamente, anche della chiusura di Team Blue, Verdu dichiara che non bisogna dare retta a chi fa speculazione senza essere informato e che la transizione era già nei piani. Quello che rimane però, anche senza voler fare speculazione, è uno studio di sviluppo che ha lavorato per due anni, senza darci nulla e che poi è stato chiuso e le persone mandate a spasso, come in quest’altra situazione.
E veniamo alla domanda che noi vogliamo porci, come fanno altri: perché i giocatori dovrebbero comprare videogiochi per i quali i produttori hanno deciso di tagliare tutte le spese e massimizzare i profitti? Se non c’è passione e non c’è attenzione in quello che viene prodotto e non c’è rispetto, perché chi è col portafoglio in mano dovrebbe avallare questi prodotti? Una domanda la cui risposta vedremo nel momento in cui effettivamente gli studi cominceranno a infilare intelligenza artificiale generativa nei giochi.