Videogiochi.com ha avuto la possibiltà di parlare con PlaySys in una conversazione a tutto tondo fra eSports e nuovi progetti.
PlaySys, azienda milanese dedita alla realizzazione di esperienze digitali e software interattivi, sta contribuendo ormai da tempo alla crescita del Made in Italy in ambito videoludico; solo recentemente, è stata annunciata la creazione di un Hub dedicato ai team selezionati, che offrirà il supporto necessario per concludere e pubblicare il videogioco proposto.
Quest’ultimo progetto, insieme ad altre tematiche, sono state al centro della nostra recente intervista con Luca Deriu, Lead Developer dell’azienda; tra eSports e nuovi progetti, il Lead Developer si è reso disponibile a farci conoscere meglio l’azienda.
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Di seguito vi riportiamo il frutto della nostra intervista; in grassetto trovate le nostre domande, con sotto la risposta di Luca Deriu.
Partiamo in quinta con una bella domanda tosta! Dal punto di vista personale riconosco che gli eSports hanno aperto il concetto del gioco elettronico ad una utenza che probabilmente non considerava particolarmente allettante il discorso videoludico. Nella mia tesi di laurea del 2007 c’erano diversi punti in cui cercavo di sottolineare l’importanza culturale dei videogiochi. L’opinione molto diffusa e spesso negativa era che i videogiochi fossero strumenti di intrattenimento frivoli e vuoti, tra le altre cose anche per la presenza della parola “giochi”. I giochi ricordavano i giocattoli che sono strumenti secondo me molto interessanti per come vengono vissuti: da una parte sono compagni di vita per diversi anni d’infanzia e pre-adolescenza, dall’altra un segno di crescita e maturità nel fatto di non usufruirne più. Ricordo i miei esempi quindi di gioco del calcio, o gioco del lotto, due tipologie molto diverse di gioco, ma che fanno pur sempre utilizzo della stessa parola. Sempre dal punto di vista personale, continuo a sostenere che i giochi informatici hanno sempre meritato un rispetto che non veniva attribuito loro e che gli eSport sono riusciti a diffonderlo in alcune tipologie di utenti. Dal punto di vista professionale invece confesso una limitata esperienza nella categoria degli eSports. Ad oggi infatti non mi è ancora capitata l’opportunità di sporcarmi le mani in produzioni multiplayer sportive, cratterizzate da una forte competitività, sincrona o asincrona che sia, per gli atleti che vi partecipano. Il mio interesse in qualità di sviluppatore è più che altro focalizzato sugli elementi tecnici che possono permettere a questa tipologia di prodotti di funzionare secondo un punto di vista oggettivo. Poligoni, framerate, costrutti logici e quant’alto rappresentano il mio lavoro quotidiano (e la mia passione) e parlando della nostra nuova iniziativa “PlaySys Hub” spero di poter mettere questo know-how a disposizione di chi, magari, si occupa anche di eSports. Ho sempre avuto grande stima e fiducia di tutti i collaboratori che si sono uniti ai nostri progetti interni e credo che l’idea di PlaySys Hub possa aumentare drasticamente la quantità e qualità di chi deciderà di sviluppare e pubblicare il proprio prodotto assieme a noi.
Bella domanda! Ci sono un sacco di punti interessanti. Per prima cosa, a scanso di equivoci, voglio sottolineare che PlaySys Hub non è solo per giovani. I giovani ovviamente sono i benvenuti, ma uno degli elementi alla base di questa iniziativa è l’eliminazione del vincolo di età, genere o cultura. Oggigiorno ci sono tante iniziative, perlopiù istituzionali, a favore di giovani e giovanissimi, mentre a PlaySys Hub siamo fiduciosi sul fatto che, idee, capacità e volontà non siano qualità che caratterizzano solo i più giovani. L’intenzione è quella di andare contro gli stereotipi più comuni legati al mondo dell’informatica e dello sviluppo di videogiochi, stereotipi alimentati anche dall’industria cinematografica e dai luoghi comuni. Riguardo alla cultura del videogioco in Italia, io credo che finalmente oggi ci sia una buona conoscenza e considerazione del medium. Negli anni se ne è parlato davvero molto. Un mio amico, con il suo staff, ha pubblicato libri e si è battuto molto per far comprendere l’importanza culturale dei videogiochi fondando anche un museo a riguardo. Io mi sono fatto avanti più volte per far conoscere l’importanza tecnica dello strumento mentre altri colleghi hanno spinto molto nell’ambito della formazione. Poi è ovvio che tutti noi abbiamo influenze e contaminazioni in altri ambiti di divulgazione ma l’elemento fondamentale, e che oggi penso sia stato recepito da molti, è l’importanza dei videogiochi e dell’intrattenimento digitale nella società in cui viviamo. Con PlaySys parlo di innovazione e sviluppo tecnologico da ormai 15 anni e devo dire che dall’arrivo della realtà virtuale, più o meno nel 2015, la collettività è molto più aperta e curiosa. Ovvio poi che ci sono sempre, e ci saranno sempre, individui che collegano i videogiochi solo alla violenza, alla perdita di tempo, all’estraniamento e ad altri elementi puramente negativi. Credo però che il più delle volte queste generalizzazioni vengono fatte per mancanza di elementi culturali specifici sull’argomento e l’unica cura a questo sia l’informazione. Prima hai fatto anche una bella domanda sulle nostre aspettative in ambito formativo e qui ti rispondo in veste da docente! Mi occupo di docenze da quando ho fondato PlaySys e faccio tutto il possibile per portare capacità tecniche e gestionali all’interno dei miei corsi, sia in Italia che all’estero. Il mio scopo è chiaramente quello di tramandare informazioni che verranno poi rielaborate dalle nuove generazioni: c’è chi le impiegherà nude e crude e chi invece, ci creerà sopra il proprio bagaglio culturale. C’è anche chi mi dice “Prof. questi argomenti sono troppo difficili e non mi interessano, io sono capitato per caso nel suo corso”. Apprezzo sempre l’onestà! Scherzi a parte, considera che anche io sono un accanito videogiocatore ed egoisticamente, uno degli elementi molto importanti per me è che in futuro possano uscire titoli sempre più belli da poter consumare. Detto questo però voglio anche vivere bene in ambito sociale. Per anni mi sono sentito ridere alle spalle – anzi no – ridere in faccia, quando raccontando della mia professione dicevo di occuparmi di videogiochi per vivere. C’era chi sorrideva, chi mi faceva con la bocca il suono del salto di Super Mario e chi mi guardava dall’alto al basso vedendo di fronte a se un uomo cresciuto solo fisicamente. Per questo motivo una buona parte della formazione che feci negli anni scorsi non era solamente tecnica, ma anche di “alfabetizzazione al videogioco”. Il target ufficiale era la classe di studenti, ma il vero target per me erano i docenti che mi ospitavano nelle scuole o i genitori degli studenti, preoccupati dal fatto che i videogiochi fossero solo un elemento di distrazione durante il periodo scolastico. Penso sia ovvio che ci sia un fondo di verità in questo, ma il tutto è sempre definito dal come uno interpreta i videogiochi e l’uso che ne fa. “Il troppo stroppia” diceva mio nonno. Non giocava ai videogiochi, ma il concetto non li esclude.
Negli anni passati abbiamo sempre affiancato lo sviluppo dei videogiochi alla produzione di altre attività per cui confesso che abbiamo sempre avuto uno spirito piuttosto naïve sulle produzioni, spirito che ci ha portato a creare ciò che ci piaceva di più, rispetto a ciò che avrebbe potuto vendere di più. Tra il 2018 e il 2019 però c’è stata una svolta che ci sta ancora coinvolgendo: il nostro primo titolo per console. Si tratta di una avventura in terza persona ricca di elementi narrativi, personaggi, dialoghi, posti da visitare e “cose da fare”. Vogliamo ottenere un titolo per tutti, caratterizzato da un approccio positivo e che possa affrontare temi seri e quotidiani. Per fare questo una enorme parte del tempo di sviluppo è stata investita nella creazione ed espansione di quello che chiamiamo “PlaySys Interaction Framework”, ossia una serie di strumenti che possano automatizzare il processo di sviluppo, suddividendone al tempo stesso le complessità in layer. In definitiva il nostro titolo è un prodotto per l’intrattenimento basato su un software che gli permette di funzionare su varie piattaforme hardware. Ecco, PlaySys Interaction Framework è sostanzialmente il nome del software (da non confondere con l’engine che si trova in un layer sottostante). Questo per dire che, avendo preso un impegno così sostanzioso, ci sono forti probabilità che nel prossimo futuro lo riutilizzeremo, con gli eventuali ampliamenti, per un nuovo titolo. Quello che mi auguro, ma questo è un progetto più a lungo termine, è la possibilità di dare accesso al PlaySys Interaction Framework, anche ai partecipanti di PlaySys Hub, in modo da supportare ancora di più i processi di sviluppo e porting, mettendo a disposizione un know-how quantificabile in termini di funzionalità e non solo di esperienza.
Sicuramente abbiamo di fronte a noi diversi mesi per la conclusione ed il perfezionamento del nostro titolo DREAMERS in uscita per l’autunno 2021, a cui seguirà un buon periodo di manutenzione e supporto per i giocatori più esigenti e curiosi 🙂 In parallelo stiamo discutendo con cadenza sempre più regolare del prossimo titolo, questo perché tutto il team di produzione degli asset sta poco alla volta concludendo la produzione di DREAMERS e dovrà quanto prima mettersi al lavoro su altro. Non posso svelarvi molto ma ci sono forti probabilità che inizieremo a lavorare ad un titolo che avrà come elementi principali l’esplorazione e l’utilizzo di veicoli. Che possa maturare in un eSport in grado di trasformare i giocatori in atleti? Solo il tempo e la tenacia ce lo diranno. Colgo però l’occasione per invitarti nei nostri uffici di Milano per dare una sbirciata in anteprima “dietro ai monitor”!
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Sono sicuramente tantissimi gli spunti di riflessioni emersi da questa intervista, da approfondire come appassionati e videogiocatori; ciò che è certo è che PlaySys è una realtà da seguire con molta attenzione, quindi restate con noi per tutti i prossimi aggiornamenti!
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