La prima pagina di storia contemporanea della tivvù è stata scritta undici anni fa. Tanto il tempo passato da quel 2012, da lì in poi niente è più lo stesso.
Con il passaggio dall’analogico al digitale, tutti i possessori di una tv, molta prima dell’avvento smart, dovettero munirsi di un decoder per vedere i canali.
Dieci anni dopo la storia è stata riscritta. Una storia tortuosa, affascinante e complessa. Innanzitutto gli italiani hanno dovuto avere a che fare con il famigerato DVB-T2, per proprio nel 2022 c’è stato lo stop alle trasmissioni con lo standard MPEG-2, quello standard destinato al broadcast televisivo, introdotto nell’ormai lontanissimo 1994, come codifica digitale che definisce la codifica di sorgente, ovvero la compressione audio, video, e il formato di multiplazione e trasporto per servizi multimediali diffusivi a qualità televisiva o superiore. MPEG-2 era uno dei formati più diffusi. Era e praticamente non c’è più, vittima della rivoluzione del digitale terrestre.
Con lo switch dello scorso dicembre si è passati allo standard MPEG-4, in attesa del passaggio definitivo dallo standard DVB-T al nuovo standard DVB-T2, che avverrà nell’anno in corso. Detta così sembra soltanto un ripasso storico, in realtà dietro le tappe che ci stanno portando a un nuovo modo di vedere la tanto cara (smart) tv ci sono ancora tanto complessità, soprattutto in questo periodo dell’anno, un inverno freddo con pioggia e neve un po’ dappertutto.
L’Italia sta faticando a tenere il passo coi tempi. Vuoi per la sua conformazione variegato, vuoi per una linea che non è affatto uguale per tutti (a volte addirittura nello stesso quartiere c’è chi vede meglio e chi peggio), la verità è che non siamo ancora a livelli di molti paesi europei. Ci arriveremo, su questo non ci sono dubbi, non ci resta che fare di necessità, virtù. Uno dei primi, rudimentali modi per capire che problema ha il nostro digitale terrestre di casa, è partire con gli occhi chiusi dalla sintonizzazione, anche automatica, oppure manuale. Il motivo è molto semplice, stanno cambiando i canali, e sono con la ri-sintonizzazione possiamo escludere un non problema.
La sintonizzazione manuale può sembrare di poco conto, ma non è affatto così, perché bisogna inserire dei dati per ciascun Mux. Qui si capisce, per esempio, che la Rai ha aggiornato dei Mux, in questa maniera. Capitolo MUX R Rai: Piemonte, Lombardia, Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Marche, Lazio, Puglia e Basilicata: Ch 30 (Freq 546 Mhz), come confermato dall’autorevole Digital-Forum. Valle d’Aosta, Trento, Liguria, Campania e Sardegna Ch 43 (Freq 650 Mhz); Rieti e Arezzo Ch 45 (Freq 666 Mhz), Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo, Molise, Calabria e Sicilia Ch 37 (Freq 602 Mhz). MUX A Rai: Ch 26 (Freq 514 MHz), MUX B Rai: Ch 40 (Freq 626 MHz). Magari grazie a questa sintonizzazione capirai che non hai nessun problema.
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