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RECENSIONE: Aragami 2 – l’ombra di un’ombra che fu

Aragami 2 è il seguito delle estremamente classico e insieme paradossalmente innovativo Aragami uscito nel 2019 e prodotto dal team spagnolo lince Works. Ci siamo presi tutto il tempo che ci serviva per capire se, come e quanto questo secondo capitolo riusciva a mantenere gli accenti frizzanti del primo con in più l’aggiunta del multiplayer.

RECENSIONE: Aragami 2 – l’ombra di un’ombra che fu (foto: Lince Works)

Per poter capire cosa il team di sviluppo spagnolo ha fatto su Aragami 2 ci siamo rigiocati daccapo il primo. Il punto di forza di Aragami era il suo prendere il genere stealth e dare al giocatore il minimo indispensabile: mosse furtive e la possibilità di piegare in un certo senso la realtà al proprio volere.

In questo secondo capitolo ci siamo trovati, purtroppo, troppo spesso a rimpiangere alcune meccaniche del primo titolo. Preso a sè, Aragami 2 rimane comunque un gioco godibile anche se si piega forse troppo a certe dinamiche commerciali e per fare contenti più giocatori rischia di demolire lo zoccolo duro dei fan delle ombre che uccidono.

Aragami 2: figli di un ninja minore

RECENSIONE: Aragami 2 – l’ombra di un’ombra che fu (foto: Lince Works)

Cominciamo con quello che si vede. Aragami 2 è un titolo graficamente piacevole che soffre un po’ per alcuni glitch grafici (abbiamo atteso la patch prima di parlarne e purtroppo alcune cose non sono ancora state risolte) e probabilmente anche di gestione dell’Intelligenza artificiale.

Per giocarlo come si deve dovete prendervi il tempo e scegliervi una sporgenza in alto per esaminare il percorso che deve portarvi al vostro obiettivo. Guardandovi intorno, però, vi accorgerete che se i nemici appena sotto di voi o comunque nel vostro raggio visivo più stretto si muovono con una più che discreta fluidità, quelli più lontani vengono renderizzati a scatti. Per quello che riguarda la sensazione generale il gioco ha preso una strada un po’ più realistica e un po’ meno fumettistica rispetto al primo e questo è forse il primo segnale che il gioco ha cambiato pelle e target audience.

Il primo Aragami, infatti, nella sua estrema semplicità, aveva una sua linea stilistica ispirata pesantemente (estremamente elegante) al manga e agli anime giapponesi. Stavolta siamo di fronte ad un titolo che cerca di essere un po’ più realistico ma in questo perde la dimensione onirica. La valle di Rashomon è calata in un livello più vicino alla realtà ed è forse anche per questo che tutte le dinamiche di gioco sembrano un po’ più incastrate e rigide, proprio come se si cercasse di rinchiudere uno sbuffo di fumo in una scatola.

Sicuramente, rispetto al primo capitolo, in Aragami 2 il sistema di combattimento sembra un po’ più solido anche se allo stesso tempo più banale: le mosse e le animazioni delle mosse sono migliorate ma abbiamo avuto la netta sensazione di non avere la stessa libertà di scegliere di non combattere. Nel primo Aragami, infatti, i percorsi all’interno dei livelli nascondevano segnali di punti in cui era possibile sgattaiolare dietro le spalle dei nemici senza doverli colpire (e anzi molto spesso nel gioco, riprovandolo, ci siamo dati l’obbligo proprio di non uccidere nessuno).

In Aragami 2 questo comportarsi come un fantasma non sempre è possibile. O meglio, stranamente sembra che il gioco stesso sia pensato per costringerci in alcuni frangenti allo scontro. L’intelligenza artificiale dei nemici non è particolarmente sveglia, questo va detto, e anche qui abbiamo un piccolo passo indietro rispetto al primo. Ci è capitato per esempio di essere scoperti da una guardia che faceva la ronda a quelli che sicuramente erano pochi metri da una seconda guardia, combattere facendo anche piuttosto rumore con questa prima guardia, ucciderla, nasconderla tenendo sempre un occhio verso l’altra guardia pronti a doverci difendere.

E invece, l’altra guardia è rimasta ferma nel suo posto e l’abbiamo poi potuta tramortire senza troppi patemi d’animo. Questo il gioco di per sé che si regge però su una storia sottile più di un foglio di carta di riso. Nel primo Aragami avevamo un percorso abbastanza lineare con una storia da portare a compimento, la storia era forse già vista? Assolutamente, ma almeno si reggeva in piedi e potevamo seguirla ed apprezzarla. Qui la storia c’è ed è anche piacevole ma è stata ridotta a bocconi da raccattare su una mappa.

Quello che prima era un percorso nella valle di Rashomon adesso è un andare avanti e indietro da un Hub Centrale a diversi punti della valle portando a termine di volta in volta una missione. Una concessione che ci ha fatto tornare alla mente alcuni GDR. E in effetti ci è sembrato di scorgere la volontà anche di inserire questo genere di meccaniche: la crescita del personaggio attraverso le abilità per esempio, la personalizzazione, lo scegliere quando partire in missione e quando invece fermarsi nel villaggio di partenza e magari cercare gli oggetti nascosti (e quelli di Lince Works sono ancora maestri in questo nascondino).

Quello che però manca rispetto a un GDR è la possibilità di capire, per esempio, se quello che indossiamo ha o meno una qualche valenza in termini per esempio di protezione o di miglior attacco. L’albero delle abilità è, di nuovo, un po’ meno flessibile rispetto al sistema a punti del primo capitolo in cui si poteva decidere tranquillamente dove distribuire i punti abilità raccolti nelle missioni.

Aragami 2: forse in due è meglio

C’è anche da dire che nei primi due strati bassi dell’albero le abilità non sono neanche particolarmente interessanti tranne forse quella che addossandoci a un muro dopo pochissimi secondi risultiamo perfettamente trasparenti. Forse, più che un capitolo a sé stante, questo Aragami 2 sarebbe stato meglio pubblicizzato come esperienza solo multiplayer on-line, in una sorta di grande espansione, dato che molto spesso abbiamo avuto la sensazione che il livello che ci trovavamo ad affrontare, da soli, fosse invece pensato per un lavoro di coppia.

E infatti le missioni giocate in cooperativa assumono tutto un altro sapore e in parte ci restituiscono quel divertimento che avevamo trovato muovendoci da soli nelle ombre con il primo capitolo di questa saga ispirata al Giappone medievale. L’unico aspetto che veramente ha mantenuto la stessa qualità nel passaggio a questo Aragami 2 è la colonna sonora. I brani, con il loro strano linguaggio ispirato al giapponese ma che in realtà è solo una somma di suoni, rimane di altissimo livello.

E veniamo adesso alla domanda che forse qualcuno si sta ponendo: vale la pena comprare Aragami 2? Se siete stati fan del primo potrebbe essere per voi un acquisto interessante con la consapevolezza però che dello spirito della vendetta del primo capitolo è rimasto un po’ poco. Se poi non lo avete giocato ma vi intriga l’ambientazione giapponese, vi troverete davanti a una serie di missioni da portare a termine in una ventina di minuti, mezz’ora al massimo ciascuna volendo fare le cose per bene, un divertissement piacevole anche se forse non troppo longevo.

Aragami 2 è disponibile su PlayStation 4, Nintendo Switch, Xbox One, Xbox Series X/S, Microsoft Windows, PlayStation 5.

Voto: 7-

PRO

  • tornano i ninja!
  • buona varietà delle missioni
  • la co-op rende tutto più divertente

CONTRO

  • la IA sonnecchia
  • i livelli tradiscono un po’ di rigidezza
  • ci sono ancora glitch nella resa grafica
  • la storia è spezzettata e poco coinvolgente
Valeria Poropat

Sono Valeria e adoro la tecnologia e la parola scritta. Dopo la maturità classica ho studiato lingue presso La Sapienza di Roma e sono specializzata in traduzione e transcreazione. A un anno e mezzo ho incontrato un Commdore 64 e a otto anni ho deciso che avrei fatto la giornalista. Alla fine, ho trovato il modo di mettere tutto insieme e ho scoperto nel mondo dell'informazione tech il mio ambiente naturale. Mi occupo di tutto ciò che è tecnologia, con una predilezione per i videogiochi e le innovazioni che sono in grado di migliorarci la vita.

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