Le tematiche che i videogiochi affrontano diventano sempre più diverse e diversificate ed è per questo che siamo rimasti intrigati dalla premessa di The Forest Cathedral, un titolo a metà strada tra il puzzle e la walking simulation sviluppata da Brian Wilson e distribuita da Whitethorn Games.
Il gioco rappresenta in maniera plastica uno studio condotto effettivamente sugli effetti nocivi del DDT. Ovviamente, trattandosi di un videogioco, l’esperienza è stata modificata e adattata a quelle che sono le aspettative di giocatori e giocatrici più che a quelle di scienziati e scienziate. E infatti nonostante sia ispirato alla esperienza diretta di Rachel Carson, biologa e zoologa statunitense rimasta famosa per The Silent Spring, ciò che succede sull’isola alla fittizia Rachel assume necessariamente i contorni di un’esperienza videoludica.
E non potrebbe essere altrimenti. Della ricerca scientifica, quella vera, forse però rimangono alcune caratteristiche che possono trasformare The Forest Cathedral in un gioco che vale la pena provare e portare a termine oppure in qualcosa da lasciare impolverare dopo qualche frustrato tentativo a causa di una attenzione non costante proprio sugli aspetti dell’esperienza di gioco.
Brian Wilson ha deciso di costruire il suo videogioco mescolando parti in 3D, in cui impersoniamo Rachel Carson dall’interno mentre effettua i suoi esperimenti di routine, con parti in 2D ovvero ciò che succede all’interno dei pannelli di controllo dei vari strumenti disseminati sull’isola e che ciclicamente devono essere sottoposti ad attivazione. Una attivazione che avviene muovendo un piccolo uomo, nel gioco il personaggio di queste sezioni viene proprio denominato Little Man, che si trova fin da subito a dover risolvere una serie di livelli platform con una curva di difficoltà che sale verticale come il profilo di un grattacielo.
Non c’è modo di saltare queste parti, non ci sono aiuti che appaiono al centesimo tentativo, non ci si può tornare in un secondo momento: esattamente come se fossimo scienziati che brancolano un po’ nel buio si va per prove, fallimenti e altre prove. La pazienza necessaria per portare a termine le sezioni platform estremamente retro a fondo nero con una palette limitata ai toni del rosso è qualcosa che sinceramente non sperimentavamo da un bel po’ e che forse, in questa forma, non avevamo ancora mai sperimentato. Il gioco risulta quindi diviso tra una parte in 3D molto facile e una parte in 2D forse anche fin troppo complessa e che potrebbe portare a dimenticare quella che è la tematica generale del videogioco.
Abbiamo voluto sperimentare The Forest Cathedral nella sua versione per Xbox ma lo trovate disponibile anche per PC. Nelle parti in 3D abbiamo purtroppo notato una diffusa mancanza di rifiniture che rovinano quella che invece poteva essere una parte interessante, (di contro il DOF è straordinario). Perché è proprio nelle parti in 3D che si dipana la storia riguardo la scoperta che la dottoressa Carson fa sugli effetti deleteri del DDT, mentre le parti platform sono inserite per motivi che purtroppo forse ancora un po’ ci sfuggono.
Sono parti divertenti ma estremamente frustranti e respingenti e che impediscono di provare quella vera attenzione curiosa che dovrebbe invece contraddistinguere la ricerca scientifica. Con The Forest Cathedral ci siamo trovati quindi per le mani un prodotto a metà, che avrebbe bisogno di un po’ più di spazio per respirare e un po’ più di attenzione agli elementi che compongono un videogioco per mantenere l’attenzione e l’interesse di quegli utenti cui sembra destinato. La premessa era ottima ma l’esecuzione risulta zoppa e affrettata. Il titolo andrebbe rivisto e, dato anche il tema che tratta, speriamo davvero in una versione rivista e aggiornata.
PRO
– Il coraggio del tema
– Il tema suonato con la chitarra
CONTRO
– Ambienti non rifiniti
– Platform inutilmente punitivo
– Storia affrettata
Ricordiamo che The Forest Cathedral è già disponibile su PC e Xbox
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