Se ci fossimo fermati alle etichette e alle definizioni di genere The Wandering Village probabilmente non lo avremmo neanche guardato. E possiamo dirvi, dopo averlo provato in anteprima, che sarebbe stato un errore . Un errore che per fortuna grazie a Stray Fawn Studio non abbiamo commesso.
I ragazzi di questo team di sviluppo svizzero sembrano essere riusciti a distillare in un titolo che in realtà è un city-builder alcuni degli elementi essenziali delle opere di Studio Ghibli. Le costruzioni, l’enorme compagno di viaggio, il ritmo generale e le tematiche legate all’ambiente rimandano al mondo di Laputa del Castello del Cielo e alla Principessa Mononoke. Anche la colonna sonora e gli effetti sonori delle attività che via via è possibile far fiorire sul dorso della gigantesca creatura chiamata Onbu ci hanno lasciato una sensazione di tranquillità.
La tranquillità che viene dal seguire i ritmi della natura. Che è, nostro avviso, la grande lezione che questo titolo gestionale vuole dare senza salire in cattedra.
Il gioco si apre con un lungo tutorial. Lungo ma non invasivo e che in realtà aiuta a imparare come gestire la comunità che cresce sul dorso di Onbu senza però costringere il giocatore ad attraversare per forza tutti i paletti che gli vengono mostrati. Ci sono solo una serie di suggerimenti che rimangono nella parte destra dello schermo fino a quando non si è pronti a, o non si vuole, seguirli.
The Wandering Village, come ogni gestionale che si rispetti, è composto principalmente dal ciclo giorno notte che però non costringe gli abitanti a soste forzate e quindi non rallenta la costruzione delle varie strutture necessarie non solo per la sopravvivenza degli abitanti ospitati sulla schiena di quello che sembra un enorme dinosauro di terra ma anche proprio per poter interagire con la creatura e cercare in qualche modo di convincerla a eseguire qualche comando di base.
La sfida maggiore, forse più che riuscire a non veder morire tutti gli abitanti a causa degli stenti o del veleno portato dalle spore che ogni tanto, come sciami velenosi, si incontrano nel percorso, è stata proprio quella di costruire un rapporto di fiducia con Onbu. Guardando dal di fuori si tratta veramente di un bagno di umiltà che costringe a riflettere su come, in qualità di esseri umani, diamo per scontato che tutto ruota intorno a noi quando in realtà per il pianeta che ci porta a spasso nell’universo non siamo altro che piccole pulci.
Da un punto di vista puramente tecnico, il gioco non è perfetto, soprattutto per quello che riguarda la gestione delle risorse e alcuni percorsi obbligati tra i menù che avrebbero bisogno di essere rivisti. Anche il passaggio da una visuale all’altra, che permette di arrivare al livello dei piccoli abitanti oppure di guardare Onbu mentre cammina o ancora vedere la zona di mappa in cui ci si trova, risulta a volte un po’ macchinoso e il passaggio non è subito reattivo se si prova ad utilizzare la rotella del mouse.
Avremmo poi voluto poter indicare agli abitanti del villaggio in crescita dove andare e cosa fare: il sistema di priorità delle attività, infatti, non permette di comprendere effettivamente quando le attività verranno compiute. Qualcosa che nei piccoli momenti di panico in cui le spore attecchiscono sul terreno trasformandosi in piante velenose sarebbe tornato comodo per poter indirizzare il maggior numero possibile di forza lavoro nell’attività di distruzione della minaccia.
C’è comunque tantissimo potenziale In The Wandering Village e, trattandosi di un gestionale per PC e non per smartphone, è completamente privo di tutti quei meccanismi che costringono a pagare per poter andare avanti più velocemente o aspettare che qualche barra si ricarichi. Stray Fawn Studio è riuscito forse a creare una nuova nicchia tra i gestionali: gli eco gestionali in cui la mera sopravvivenza del genere umano non è l’unico parametro per misurare la vittoria.
PRO
CONTRO
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