Se potessimo istituire un premio per la miglior gaffe reiterata probabilmente l’edizione del 2022 andrebbe al CEO di Unity, John Riccitello che è riuscito a far infuriare due volte tanti developer e giocatori che, a vario titolo, utilizzano il suo motore.
Ad essere onesti, non volevamo parlare un’altra volta per un’altra settimana del problema della monetizzazione, delle lootbox, dei comportamenti predatori che alcuni videogiochi mettono in campo e del pericolo che questi comportamenti predatori possono essere soprattutto per i giocatori più piccoli ma dopo aver letto l’intervista rilasciata ai colleghi di Pocket Gamer e aver iniziato a ricevere messaggi di lettori e lettrici che ci chiedevano come sia possibile che una persona nella posizione di Riccitiello dica certe cose, abbiamo ceduto e quindi eccoci qua a cercare di trovare una spiegazione, se esiste, a quello che il CEO di Unity ha detto senza troppi giri di parole.
Volendo fare un riassunto del dietro le quinte c’è stato appena qualche giorno fa l’annuncio che Unity e IronSource stanno per fondersi. Per chi non conoscesse IronSource si tratta di una società che si occupa di “app economy” che tradotto significa: monetizzazione. Tutto chiaro, quindi?
Unity non è un motore per idioti, parola di Riccitiello
La frase incriminata che ha fatto salire sugli scudi una valanga di utenti Twitter in particolare ma anche acceso grandi discussioni su reddit è la seguente: “Ferrari e altri produttori di auto di alto livello utilizzano ancora la creta e lo scalpello. C’è una porzione molto piccola dell’industria dei videogiochi che lavora nello stesso modo e alcune di queste persone sono quelle che preferisco al mondo: sono le persone più meravigliose, pure e brillanti. E sono anche tra i più grandi idioti“. Il riferimento è ai developer che guardano ancora di sottecchi l’idea di avere e parlare apertamente di monetizzazione e conversione nei propri prodotti prima o contemporaneamente agli aspetti creativi e di gioco.
Questa frase si lega poi a un discorso un po’ più ampio che riguarda il fatto che molti sviluppatori pensano solo a produrre un bel gioco mentre altri si concentrano sul creare un prodotto di successo. Un ragionamento che potrebbe anche essere calzante se il CEO di Unity avesse bypassato la parte relativa agli idioti e si fosse limitato a spiegare che, visto il cambiamento cui stanno andando incontro le piattaforme di gioco e le abitudini dei giocatori sarebbe meglio pensare anche all’aspetto economico e non solo a quello puramente creativo. Ma, al contrario, ha deciso di uscirsene con una frase d’effetto che ha avuto un effetto: far sorgere su Twitter due hashtag: #FireJohnRiccitello e #SaveUnity.
E come se non bastasse, per cercare di salvare la situazione, Riccitiello ha poi pubblicato un messaggio di scuse in cui provava a spiegare che in realtà ha soltanto sbagliato le parole, non l’idea, ma il modo in cui l’idea è stata espressa. Alcuni dei messaggi che abbiamo ricevuto sottolineano come da qualcuno che dichiara di essere il veterano più veterano dell’Industria dei videogiochi non si possa arrivare a mettere il profitto davanti alla creatività, soprattutto perché rischiamo di trovarci invasi da giochi sul modello mobile più becero che hanno l’unico scopo di spremere gli utenti poco accorti spingendoli a entrare in loop che rasentano, e purtroppo spesso neanche la rasentano, la dipendenza. Ma del resto, stiamo parlando del CEO di una società che si è appena fusa con un’altra società che ha come core business proprio la monetizzazione. Che ci aspettavamo?
Non vogliamo trovare, da parte nostra, scusanti per qualcuno che definisce gli sviluppatori idioti se non pensano a come costringere i giocatori a passare più tempo possibile nel loro gioco non perché il gioco è bello ma perché il gioco deve rendere, perchè è un prodotto. E se è vero che anche gli sviluppatori pagano le bollette e mangiano tre volte al giorno, i giocatori e le giocatrici devono essere messi nelle condizioni di scegliere cosa comprare e a chi dare i propri soldi e non essere raggirati o convinti da scritte lampeggianti che innescano la famosa FOMO, Fear Of Missing Out.