Ryse: Son of Rome

La nuova generazione di console arrivata a novembre dell’ormai fu 2013 è stata fin dall’inizio caratterizzata da un grande dualismo: se da un lato Sony affermava la propria intenzione di continuità con il passato e dava un numero 4 alla sua ultima creatura, Microsoft rivendicava un netto taglio di ponti con quanto affermato prima, e ripartiva da uno con sua la Xbox One. E per continuare a ribadire questo nuovo corso degli eventi, come esclusiva di punta della sua nuova console sceglieva un genere i cui usi nel mondo dell’action videoludico si contano sulle dita di una mano: il peplum.
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Ryse: Son of Rome è esattamente questo, un action videoludico ambientato nell’epoca dell’inizio dell’impero romano. In questo travagliato periodo, ci ritroveremo a vestire i panni di Marius Titus, centurione impegnato a proteggere proprio la Città Eterna da un’orda di barbari invasori. Tale prologo fa da tutorial e ci insegna sia a schierare i nostri sottoposti, sia a risolvere le situazioni in maniera più diretta. Non ci si deve infatti ingannare: in questo gioco il fulcro di tutto è l’azione, e la soddisfazione guerresca che si prova dall’affettare barbari su barbari. Per farlo, avremo a disposizione due tipi di attacco, una schivata e una parata, con la possibilità anche di scatenare sanguinosi contrattacchi lavorando di tempismo con queste ultime due. Il senso di potenza restituito è notevole, a patto di accettare una certa lentezza delle combo, giustificata dal fatto che stiamo pur sempre parlando di un legionario corazzato.
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Il prologo fa da tutorial e ci insegna sia a schierare i nostri sottoposti, sia a risolvere le situazioni in maniera più diretta.

Da un punto di vista narrativo, invece, la storia di Ryse si configura come un cammino di vendetta da parte di Marius, che ha visto morire i suoi genitori Leontius e Septima proprio per mano dei barbari, per poi evolvere in una guerra su larga scala dipanata nell’arco di un decennio. L’attitudine del gioco non ha comunque nulla di strettamente storico, anzi sfrutta il substrato del mondo antico per costruire una mitologia propria, che usa per produrre toni di epicità. Tale cosa, purtroppo, riesce solo a metà: le sequenze e i momenti grandiosi non mancano, ma il loro accostamento a dei personaggi troppo unilaterali vanifica in parte le buone premesse.

La storia non si fa odiare, ed è perfetta per legare assieme le ambientazioni e i combattimenti, che potremo rendere più facili tramite tutta una serie di abilità da acquistare o tramite le monete d’oro, che si ottengono alla fine delle missioni, o l’Onore, che invece abbonda in quanto ottenibile dalle numerosissime esecuzioni che potremo compiere sui nostri avversari. Marius non si risparmia quanto ad efferatezza, e vedremo arti staccati e sangue scuro.

Il suono aiuta non poco, grazie a musiche ben fatte e un buon doppiaggio in italiano.

C’è da dire a questo proposito, però, che si tratta del punto meno attraente della produzione, in quanto le esecuzioni andranno sempre a buon fine, e il nostro premere i tasti a tempo si tradurrà solo in maggiori bonus di valuta, cosa che abbassa di molto il livello di sfida. Interessante, invece, l’idea di variare l’azione in alcuni punti specifici, facendoci comandare una centuria di legionari in formazione a testuggine oppure scoccare dardi con lo scorpione, tipica macchina da guerra romana. Da segnalare l’uso intelligente dei comandi vocali del Kinect, con cui ordinare agli arcieri quando scoccare una raffica di frecce.
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La storia non si fa odiare, ed è perfetta per legare assieme le ambientazioni e i combattimenti, che potremo rendere più facili tramite tutta una serie di abilità da acquistare o tramite le monete d’oro.

L’ultimo lato da discutere è quello più pubblicizzato nei mesi precedenti all’uscita: la grafica, e siamo lieti di dire che sotto questo aspetto tutto quello che ci avevano promesso è stato mantenuto: il motore di gioco riesce a gestire una quantità di dettaglio veramente eccezionale, fatto di texture in altissima risoluzione, grande quantità di poligoni a schermo anche nelle scene di massa e una gestione delle fonti di illuminazione e dell’acqua eccellente. Non mancano neppure tocchi di qualità, che si riscontrano nella varietà delle armature o nei graffiti in latino nelle ambientazioni cittadine. Il livello di dettaglio è tale che non c’è praticamene bisogno di sequenze CG, in quanto il motore sa reinventare il proprio stile applicando ad esempio effetti seppiati o plasticità quando riproduce i bassorilievi. Il suono aiuta non poco, grazie a musiche ben fatte e un buon doppiaggio in italiano. Il multigiocatore online gladiatorio, invece, è di natura solamente collaborativa e purtroppo risulta solo quel “di più” nel caso non vi basti la campagna principale.

Ryse: Son of Rome è l’inizio al fulmicotone della Xbox One, una dimostrazione di potenza da parte della console Microsoft, che sembra dire che gli standard dei PC non sono poi così irraggiungibili. Il gioco non è assolutamente da buttare, ma l’esplosione non c’è stata del tutto, ma per essere un titolo di lancio, merita attenzione.

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