Ex-senzatetto racconta come i videogiochi abbiano salvato la sua vita

Quando si acquista un nuovo videogioco è difficile non avvicinare l’immagine di quel titolo alla propria cameretta, o alla propria postazione più in generale. Eppure, c’è chi non ha una stanza in cui passare del tempo insieme a una console. Kotaku riporta infatti la storia di un’ex senzatetto adesso divenuta marketing manager di un’azienda che produce dispositivi elettronici, interessante quanto commovente, in cui viene raccontato come i videogiochi siano stati parte importante di quel periodo buio della sua vita.

Parla infatti di come abbia dovuto patire la fame, cercando di cibarsi con i pochi dollari che riusciva a racimolare nel corso della giornata; di come abbia affrontato il freddo e la stanchezza, trascorrendo ore e ore seduta sul cemento con le gambe intorpidite, con le persone che le passavano accanto e semplicemente la ignoravano. Era invisibile.

Circa il 90% della gente in cui si imbatteva giornalmente la evitava come se fosse un elemento inanimato dell’ambiente e, cosa più grave, quelle poche persone nei cui sguardi si leggeva pietà non facevano nulla per aiutarla. Afferma però che i videogiochi sono stati capaci di intrattenerla e non farla impazzire in quel triste periodo. Non viene raccontato di come sia finita in strada, né come abbia fatto ad arrivare fin dove è adesso, ma la sua storia ha un che di fiabesco e merita di essere letta.

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Racconta infatti che passava del tempo a giocare un titolo per iPhone chiamato Tap Tap Revenge, una sorta di Dance Dance Revolution dove devi “ballare” con le dita sullo schermo tattile del dispositivo. Niente di che, insomma, ma era l’unica cosa che la intratteneva mentre era seduta su una panchina nell’attesa che si facesse buio e potesse andarsene a dormire, senza doversi preoccupare di essere notata dalla polizia. Ci giocava talmente tanto – confessa – che ancora oggi ogni volta che ascolta Viva la Vida dei Coldplay le sue dita si muovono involontariamente da sole.

Una volta che le cose sono migliorate un po’, ha vissuto in un ostello per saccopelisti dove ha incontrato un gruppo di canadesi che l’hanno presa sotto la loro ala. Lì ha passato del tempo a giocare Geometry Wars, e le persone che incontrava non credevano che tutto ciò che avesse fossero tre dollari, un telefono senza credito e un alloggio pagato in cambio delle pulizie nell’ostello. Vedevano semplicemente qualcuno che con i videogiochi ci sapeva fare e macinava record su record. E lei confessa di dover molto ai videogame, perché l’hanno aiutata a non cadere in forme di dipendenza, come la droga e l’alcol.

Siamo molto lontani dall’essere in grado di eliminare il problema dei senzatetto, ma molte persone hanno semplicemente bisogno di un aiuto psicologico, ecco perché – continua a raccontare – sarebbe fantastico se venissero promossi programmi che abbiano a che fare con videogiochi accessibili a tutte le persone bisognose di “staccare la spina”.

Nel 2011, è stato calcolato che il 60% dei senzatetto in Australia erano ragazzi sotto i 25 anni, e molti di loro possono essere considerati giocatori o comunque interessati al settore gaming.

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