Una granata con la spoletta mancante. Una metafora che rende bene la situazione in cui Six Days in Fallujah mette chiunque ci si avvicini. E ora salta fuori che anche lo studio di Sony Santa Monica ha schivato questo proiettile.
A raccontare la faccenda David Jaffe e John Garvin in un recente episodio del vlog che Jaffe tiene su Youtube. Per un po’ di background: David Jaffe è stato il director dei primi due capitoli di God of War proprio per Sony Santa Monica e John Garvin è autore e creative director di Days Gone. Due che di questo genere di giochi se ne intendono insomma.
Una chiacchierata informale che ha toccato anche Six Days in Fallujah e che ci dà un altro tassello dello sviluppo travagliato di questo titolo che è tornato ora in superficie, riemerso dal limo come un incursore… o un cadavere.
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Six Days in Fallujah: “Grazie ma no grazie”
Tutti gli sparatutto prendono spunto dalla realtà, è un dato di fatto, e SDIF avrebbe potuto fare la stessa identica cosa, passare inosservato, essere sviluppato e distribuito e andare a finire nello scaffale di qualche amante dei titoli a sfondo realistico.
E invece, con una mossa che voleva essere innovativa e che invece si è rivelato l’equivalente videoludico del pestare una popò di elefante, Highwire Games e Victura hanno deciso di spingere sul realismo dichiarando di stare producendo un titolo che non è una dichiarazione politica. Ma se scegli Fallujah e metti i giocatori nei panni dei Marine che devastano la città per estirpare i rivoltosi iraqueni stai facendo una dichiarazione politica e ti stai schierando, per quanti civili iraqueni dici di aver intervistato per portare entrambe le versioni della storia nel gioco.
La novità è che il gioco, sparito nel 2009 per volere di Konami, all’epoca publisher, è transitato anche per Sony Santa Monica. E arriviamo alla chiacchierata tra Garvin e Jaffe. A un certo punto del vlog, Jaffe fa “Sapevi che Six Days in Fallujah è stato in fase di sviluppo per un po’ a Sony Santa Monica? Tipo, stavamo esternamente…” E Garvin entra a gamba tesa “Ero nel team per la luce verde“.
Poi Jaffe, proseguendo il suo pensiero sullo sviluppo travagliato di SDIF fa una dichiarazione che la dice lunga su quanto gli studi di sviluppo e i publisher riescano a sentire una rogna a chilometri di distanza. “E ogni volta che il gioco cominciava davvero a diventare qualcosa che loro volevano far somigliare a una guerra vera, le società erano tipo ‘Grazie, ma no grazie’“.
Come finirà? Neanche Gavin e Jaffe con tutta la loro esperienza combinata sembrano avere una risposta, ma Garvin dice “Siamo in un clima in cui, amico, cammini letteralmente in un campo minato“.
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Vedremo mai il gioco su qualche piattaforma? Di recente anche un gruppo per i diritti civili si è schierato contro il gioco e ha chiesto a tutte le principali piattaforme di non sostenerlo. Quindi, la risposta al momento è: boh.
Chiaramente a fondo pagina non potevamo non mettere il vlog se volete sentirvi tutto quello che Jaffe e Garvin si sono detti (dura quattro ore eh quindi vi conviene mettervi comodi).
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