I videogiochi possono fare molte cose. Skábma: Snowfall prodotto da Red Stage Entertainment, PID Games e Epic Games ha il nobile scopo di provare a raccontare un popolo che tutti sembriamo conoscere ma che in realtà forse non conosciamo davvero.
Dentro questo gioco c’è infatti il racconto del Popolo Sámi che abita il Nord Europa in una zona che adesso è stata divisa e spezzettata tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia. Si tratta di un popolo con profondissime radici e un legame con la terra che tenta di sfidare il tempo e la modernità.
E proprio per parlare di questo legame con la terra e delle difficoltà di sopravvivere e di resistere a una occidentalizzazione forzata umiliante, una operazione non dissimile da ciò che è stato orribilmente fatto a tutti i popoli indigeni nel momento in cui i colonizzatori europei li hanno incontrati, è stato creatoSkábma: Snowfall.
Il protagonista è Àilu, un giovane pastore di renne che si trova a dover affrontare una catastrofe che rischia di distruggere il suo popolo e la sua vita.
Skábma: Snowfall, un videogioco contro l’eurocentrismo
La storia di Skábma: Snowfall comincia con il protagonista, il giovane Áilu, che vive una vita di sogno nel suo piccolo villaggio immerso nel paesaggio artico. L’unico problema cui il ragazzo sembra pensare è riuscire ad avere un giorno il proprio gregge di renne. All’improvviso però una malattia che porta disordine e scompiglio minaccia la sopravvivenza stessa degli abitanti del villaggio perché colpisce gli animali della zona. Armato solo di un tamburo sciamano il giovane Àilu dovrà trovare una soluzione a quella che è la rappresentazione scelta da Red Stage Entertainment per la pandemia.
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Il gioco infatti è stato sviluppato proprio durante la pandemia e non è difficile trovare l’influsso della situazione che viviamo nel panorama in cui si muove il giovane pastore di renne. Ma lo scopo del gioco è evitare che la cultura Sàmi vada perduta. La game writer nonché co-fondatrice di Red Stage Entertainment Marjaana Auranen, o Eira-Teresá Joret Mariánná in lingua sàmi, spiega così lo scopo di quello che il suo team sta facendo: “all’interno della comunità Sàmi c’è tanta cultura che sta andando perduta. Questa è, penso, la più grande motivazione per raccontare questa storia: (mostrare) che c’è una speranza di riappropriarsi di una cultura, e combattere i demoni… Che minacciano la cultura Sàmi”.
In realtà abbiamo avuto almeno due esempi recenti di una rappresentazione della cultura Sàmi: se avete visto per esempio Klaus non potete non aver notato quel gruppo di personaggi dagli abiti particolarmente fantasiosi. Stesso discorso dentro Frozen 2. Ma con Skábma: Snowfall il passo avanti è evidente: si tratta del primo grosso videogioco prodotto interamente con creatività della cultura Sàmi, il primo ad essere prodotto utilizzando la lingua Nord Sàmi, che rischia l’estinzione, e il primo a raccontare con profondità e senza stereotipi il folklore e la tradizione di questo popolo.
Come spiegato anche da Auranen essere membro del Popolo Sàmi non ha certo significato riuscire a raccontare con facilità: il problema più pressante è stato quello di trovare un modo per navigare gli stereotipi utilizzandoli per far conoscere il proprio popolo al resto del mondo ma evitando di avere connotazioni negative, al punto anche di scontentare chi si aspettava o si aspetta una certa rappresentazione.
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Per tutto il team, racconta ancora Auranen, e in particolare per lei scrivere la storia e lavorare nella cultura Sàmi è stato emotivamente pesante ma la speranza è quella che il gioco possa finalmente aiutare i giovani Sàmi ad essere orgogliosi della propria cultura.