Quando uscì il primo Skylanders, rimasi letteralmente folgorato. Gioco per bambini? Semplice operazione commerciale? Assolutamente no. Anzi, rettifico: sì, certo, ma non solo. Perché, vedete, il primo Skylanders di Activision, a mio parere, è stato uno dei titoli più intelligenti, innovativi e divertenti degli ultimi anni, nonostante l’odiato (da me) draghetto Spyro ci abbia messo sopra la sua zampa sempre troppo colorata. Skylanders è una specie di Gauntlet contemporaneo, fruibile a molti livelli e con gradi differenti di partecipazione, in grado di catturare grandi e piccoli, né più né meno come una puntata dei Simpson.
Le creature da voi assemblate avranno un nome, delle caratteristiche e dei poteri precisi, il tutto derivante dalla combinazione delle qualità dei componenti scelti.
Tanti contenuti, personaggi fisici fatti benissimo, mini-giochi semplici ma spassosi, multiplayer, grande direzione artistica e un doppiaggio stellare, degno del miglior cinema per ragazzi. Ora ditemi voi di quanti titoli si possono elencare queste stesse qualità sicuri di non essere smentiti. Già, già… molto pochi. Appunto. Dopo il successo travolgente di Skylanders, Activision non poteva certo restarsene con le mani in mano. “Ehi, ragazzi, siamo Activision! Vi abbiamo propinato un Tony Hawk all’anno finché non avete avuto gli incubi con gli skater che vi inseguivano! E non dimenticate le trentadue chitarre di plastica che avete in cantina!”. Activision, per l’appunto. Così è arrivato Giants, primo sequel. Nuovi personaggi (seconda serie) e creature più grandi, dette Giganti, con differenti caratteristiche e poteri; inoltre la possibilità di potenziare ulteriormente i personaggi già pompati al massimo nel primo titolo. Per non parlare di nuovi mondi, nuovi mini-game, nuove modalità e tonnellate di altre e spassose feature. Incredibile ma vero: il gioco reggeva… eccome se reggeva! Skylanders: Giants si rivelò più grande, più bello e più completo dell’originale.
Il cambio resta comunque netto, dando freschezza al gioco, ma anche in parte snaturandolo, e facendogli perdere quel suo gusto unico un po’ retrò e personalissimo.
A questo punto, l’interrogativo è uno solo. Ce l’avrà fatta Skylanders: Swap Force, terzo capitolo della “giocattolosissima” saga americana, a mantenersi al livello dei suoi predecessori? La risposta, a mio avviso, è un sonoro NI. Sorpresi? Lasciate che vi spieghi. Swap Force, come forse saprete e come lascia chiaramente intendere il titolo, si basa su un principio fondamentale: nuovi personaggi (e action figure) magnetici, nei quali la parte superiore del corpo si stacca da quella inferiore. In tal modo, potrete decidere di creare nuovi eroi mixando il busto di uno Skylander con le gambe di un altro: le creature da voi assemblate avranno un nome, delle caratteristiche e dei poteri precisi, il tutto derivante dalla combinazione delle qualità dei componenti scelti. Inutile dire che in vendita sono stati messi anche nuovi Skylanders normali, come fu fatto anche ai tempi di Giants. Tutto ciò significa che il nuovo gioco, già di per sé ricchissimo di contenuti (nuove modalità, mini-giochi, ecc., come da tradizione), può ospitare tre serie di Skylanders base, i Giganti e i nuovi Swap Force magnetici. Un bel plotone di protagonisti, non c’è che dire…
Dopo il successo travolgente di Skylanders, Activision non poteva certo restarsene con le mani in mano.
Il concetto di swap non è però l’unica enorme novità di questo capitolo. L’altra è… il salto. Eh sì, avete capito bene. La rivoluzione di Swap Force è che gli Skylanders, ora, sono in grado di saltare, il che sposta con una certa decisione il focus del gameplay, puntando sullo stile platform, anche se certo non a livelli estremi. Il cambio resta comunque netto, dando freschezza al gioco, ma anche in parte snaturandolo, e facendogli perdere quel suo gusto unico un po’ retrò e personalissimo. L’altra perplessità che sorge (ma che i più giovani ignoreranno) è una certa perdita di carattere a livello di art direction: mentre gli Skylanders precedenti erano tutti molto ben tratteggiati e visivamente coerenti, questi sembrano leggermente più blandi, specie (ma è inevitabile) quando mixati tra loro. Ripeto: per il bambino sarà solo uno spettacolo giocare a combinare i suoi Skylanders, ma per noi giocatori più attempati la storia è un po’ diversa.
Tutto ciò non toglie che Swap Force conferma il grande stato di salute di Skylanders, una serie per tutte le età dall’altissimo valore di produzione e dal tasso di coinvolgimento davvero elevato. Resta solo da chiedersi quale sarà il prossimo step, sperando che Activision, almeno questa volta, non corra troppo.
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