Tante volte i film hanno anticipato i tempi mostrando cose che poi sono diventate realtà. Ma il fatto che ora ci sia qualcosa che assomiglia molto da vicino ai famigerati robot T1000 di Terminator non è particolarmente rassicurante.
Non fosse altro che l’idea di robot in grado di trasformarsi in una pozzanghera di materiale indistinto, proprio per il loro assomigliare ai robot rivoltosi dei film di Terminator, ci dà un po’ i brividi. Unendo infatti questa scoperta scientifica pubblicata sulla testata specialistica Science.org ai passi avanti enormi fatti con l’intelligenza artificiale la fantasia galoppa.
Ma per ora, secondo le dichiarazioni degli esperti che hanno lavorato a questa nuova forma di robot, non ci dovrebbe essere nulla di cui preoccuparsi. Il robot morbido che si autodistrugge è frutto del lavoro di un team coreano il cui scopo a quanto pare è stato anche quello di ricreare ciò che accade quando un essere vivente muore ma con materiali sintetici.
Un robot a metà strada tra Terminator e Blade Runner
L’idea che ciò che non è creato a partire da materiale sintetico possa comportarsi come materiale organico e avere a un certo punto anche una propria indipendenza è uno dei filoni narrativi della fantascienza più spinta. E il lavoro di questo gruppo di ricercatori coreani che ha mostrato al mondo il suo robot composto sostanzialmente da una mistura di elastomeri compositi di silicone fotodegradabili ricorda da una parte proprio la scena in cui il T1000, l’assassino mandato ad assassinare l’assassino di Terminator, si scioglie in una pozzanghera di metallo.
Ma dall’altra, dato che questo robot a quanto pare potrebbe anche essere in grado di muoversi autonomamente, fa venire in mente anche “i lavori in pelle” di Blade Runner che cercano a tutti i costi di vivere come le persone. Il robottino morbido che è stato sviluppato dai ricercatori coreani non ha niente di umano e assomiglia in realtà a un panetto di burro con le zampe.
Ma quello che è più interessante è che dopo aver compiuto il suo lavoro, con alcuni recettori di luce, si innesca una reazione che lo trasforma rapidamente in un’altra piccola pozzanghera di liquido oleoso evitando così che la tecnologia possa cadere nelle eventuali mani nemiche.
Quello che risulta forse più affascinante è che i ricercatori sono partiti dalla decomposizione del materiale vivente per creare questa sorta di morte sintetica. Se uno dei padri della fantascienza, Philip K. Dick, vivesse ancora oggi probabilmente scriverebbe un racconto con qualche robot senziente assolutamente convinto di essere umano destinato a scomparire e a sciogliersi come neve in estate, ossessionato dalla volontà di spegnere il Sole.