Per gli amanti dei CRPG, la longeva saga The Elder Scrolls rappresenta probabilmente uno dei picchi più alti del genere, e l’annuncio della realizzazione di una versione online della serie deve aver lasciato molti adepti scettici nei confronti di quello che potrebbe sembrare l’ennesimo theme park alla World of Warcraft. Inevitabile che il passaggio da un genere all’altro cambi il tipo di esperienza di gioco e parallelamente le aspettative che bisogna nutrire al riguardo, motivo per cui è necessario valutare The Elder Scrolls Online con i parametri propri di un MMORPG, e non guardando nostalgicamente alle caratteristiche che hanno reso encomiabile la precedente saga.
Un simile cruccio deve essere balenato nella mente dello stesso game director del gioco, Matt Firor, per il quale “la prima sfida è stata proprio far in modo che questo cambio non snaturasse il gioco, che nella nostra idea doveva sempre avere lo stesso feeling degli altri capitoli della saga”. E infatti si continua a respirare il suggestivo clima epico tipico della mitica serie.
Particolare enfasi è posta sul sistema di combattimento, nell’ottica di renderlo decisamente dinamico.
Il team di ZeniMax ha optato per un salto cronologico, collocando l’avventura ben mille anni nel passato rispetto a Skyrim, senza rinunciare ovviamente al setting di Tamriel, interamente perlustrabile e davvero molto ampio, circa tre o quattro volte la mappa di Skyrim.
Così come anticipato dai ragazzi della compagnia: “The Elder Scrolls: Online è stato realizzato per essere un’esperienza fluida e la maggior parte dei luoghi sarà visitabile in ogni momento. Potrete esplorare tombe, labirinti, forti in rovina e via dicendo. Certe locazioni, molto rare, saranno disponibili solo per i giocatori in single player, altre invece potranno essere fruite unicamente da un gruppo di combattenti. Magari certe zone saranno difficili per via del vostro attuale livello, ma di certo nessuno vi impedisce di tornarci non appena sarete diventati più forti”. Particolare rilevanza riveste Cyrodill, luogo adibito a campo di battaglia PvP, composto da ben nove aree. I giocatori potranno scegliere tra altrettante razze disponibili (Nord, Dunmer, Argoniani, Bretoni, Redguard, Orchi, Altmer, Bosmer e Khajiit), divise in tre fazioni (Il regno degli Aldmeri, L’Alleanza di Daggerfall, il Patto di Ebonheart) in combutta per accaparrarsi il trono vacante, ognuna della quali sarà di stanza inizialmente in particolari regioni.
Il team di ZeniMax ha optato per un salto cronologico, collocando l’avventura ben mille anni nel passato rispetto a Skyrim, senza rinunciare ovviamente al setting di Tamriel, interamente perlustrabile e davvero molto ampio, circa tre o quattro volte la mappa di Skyrim.
Così come per i capitoli della serie, anche qui si può assaporare la libertà d’espressione lasciata al giocatore nella creazione e nella personalizzazione del protagonista, permettendo la realizzazione di un unicum in base anche a come vengono potenziate e gestite le quindici abilità spendibili durante la crescita del personaggio.
Non manca neppure una certa reticenza nel mostrare nei primi livelli la componente multiplayer, che resta inizialmente marginale, probabilmente per rendere ai fan della serie il passaggio alle nuova modalità di gioco più soft. Particolare enfasi è posta sul sistema di combattimento, nell’ottica di renderlo decisamente dinamico: “Ci siamo molto concentrati sul combat system, cercando di lasciarlo simile, nello spirito, a quello di Oblivion e Skyrim, con un sistema di interfaccia ridotto all’osso, senza tante barre indicatrici”. L’ottica indicata da Matt Firor sembra essere proprio quella di evitare quella coazione a ripetere che caratterizza molti MMORPG e che lascia poco spazio alle capacità del giocatore in termini di tempismo e di riflessi.
L’impatto visivo resta imponente, con una grafica tesa a rendere accuratamente il dettaglio di ogni situazione e ambiente, disseminato di oggetti con cui interagire, tra testi e libri necessari per ricostruire il puzzle narrativo. Il vantaggio di Bethesda è quello di poter sfruttare l’hype della saga, contando su un vasto pubblico potenzialmente interessato, d’altra parte lo stesso che potrebbe mostrare una maggiore resistenza a digerire il nuovo prodotto, perché, nonostante siano passati due anni da Skyrim, la presenza di Dovakin rischia di aleggiare anche nel mondo persistente.
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