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The Town of Light – hands on

Per un team composto da persone che non hanno mai pubblicato un videogioco prima d’ora, The Town of Light titolo che scava nella storia recente dell’ospedale psichiatrico, scandagliando con un’indagine documentaristica quanto accadeva in quelle stanze dimenticate dal Mondo – è un passo piuttosto coraggioso. Sì, perché il gioco, di cui ho avuto l’occasione di provare la beta, offre un’esperienza diversa da quelle vissute in altri survival horror. Sebbene infatti mi sia già capitato di visitare manicomi abbandonati (in Outlast, per esempio), non ho avuto la sensazione di trovarmi davanti a un qualcosa di già visto. Il titolo LKA.it vira lontano dai soliti cliché del genere e dai luoghi comuni dell’ambientazione, raccontando una storia verosimile.

La città medievale di Volterra, in seno al nostro Paese, si trova in cima a una montagna incline a creare frane sulle strade che si snodano lungo la sua vetta. Il comune toscano, un tempo, ospitava uno dei più grandi manicomi d’Europa: l'(ex) ospedale psichiatrico di Volterra, istituzione per il ricovero di malati mentali, nacque nel 1887 e nei suoi circa novant’anni di attività ha celato atrocità che “solo Dio sa”. La location è stata ricreata meticolosamente dagli sviluppatori, che per realizzare The Town of Light hanno dovuto effettuare non poche ricerche sullo stato di queste strutture tra gli anni ’30 e ’70.

The Town of Light racconta con coraggio una storia adulta e senza filtri.

Ecco perché il gioco, prima di essere un horror psicologico in prima persona in cui il giocatore è chiamato a risolvere piccoli puzzle per procedere, è una denuncia alle ingiustizie e ai soprusi che hanno dovuto subire le persone ricoverate. I pazienti sono infatti stati spogliati dei loro beni, ma soprattutto dei diritti umani. L’ospedale psichiatrico di Volterra ospitava oltre 4500 persone, ognuna delle quali aveva ben poche speranze di essere dimessa. Protagonista del gioco è proprio una delle poche fortunate, Renée, che torna a far visita alla struttura – ormai abbandonata – nel tentativo di ricordare cosa le fosse successo quando aveva 16 anni, durante la sua detenzione.

È un individuo tormentato, così disconnesso che spesso si riferisce a sé stessa in terza persona, e il titolo fa riemergere il suo passato per farci scoprire i segreti che sono sepolti nella sua profonda e contorta psiche. Premessa interessante, che invoglia il giocatore a proseguire per far luce su quanto è stato occultato. The Town of Light è più inquietante che spaventoso: mentre giocavo ero incuriosito e al contempo disturbato dal materiale originale, ma non avevo paura. Non è uno di quei giochi che puntano tutto sulla tecnica del jump-scare; preferisce angosciare attraverso una locazione particolarmente inquietante che non con gli abusati mostri visti nei classici survival horror. Ma è proprio il suo essere atipico a farlo emergere: come accennavo poc’anzi, i documenti e le numerose lettere che possono essere trovate nel corso dell’esperienza hanno la funzione di informare chi gioca, mettendogli davanti la realtà nuda e cruda. Senza girarci intorno, senza censure.

Il gioco è una denuncia alle ingiustizie e ai soprusi che hanno dovuto subire i pazienti.

E proprio lì risiede tutta l’anima conturbante del prodotto, che non solo offre scorci della vita quotidiana di chi viveva in quei dimenticati lidi, ma racconta con coraggio una storia adulta e senza filtri. Non sono pochi i videogiochi che al giorno d’oggi trattano tematiche mature, compresa la sanità mentale, ma soltanto un numero ristretto ha il coraggio di affrontare un tema crudo come quello degli abusi sessuali – cosa che The Town of Light fa -, soprattutto quando la protagonista è una sedicenne. Ma le esperienze di Renée non sono costruite a tavolino, e il team non è voluto fuggire senza affrontare certi argomenti soltanto perché “scomodi”.

È l’atmosfera opprimente dell’ospedale psichiatrico che regge l’intera opera: le sue stanze buie e impolverate, i corridoi stretti e le luci che giocano con le ombre di oggetti, macchinari ospedalieri e porte. L’ambientazione funziona, così come il gameplay semplice e intuitivo, che non rallenta mai il ritmo. I puzzle ambientali non sono eccessivamente difficili, perlopiù ruotano intorno alla ricerca di chiavi per aprire determinate porte, o di altri oggetti (impossibile non citare l’inquietante bambola che va “portata a spasso” su una sedia a rotelle nelle prime battute).

Il titolo LKA.it vira lontano dai soliti cliché del genere survival horror.

The Town of Light è stato realizzato con il motore grafico Unity e dal punto di vista tecnico il lavoro svolto da LKA.it è decisamente buono, perlomeno giocando con impostazioni a Ultra; anche l’audio mi ha colpito, grazie a effetti sonori sempre azzeccati – le poche volte in cui sono saltato è stata colpa loro – e belle musiche. Per essere il primo gioco di un nuovo studio (peraltro italiano, non mi pare di averlo già detto), si tratta di un progetto assai ambizioso, perché non soltanto ricrea un’ambientazione esistente, ma cerca anche di ritrarre esperienze strazianti e reali. The Town of Light uscirà per PC, con supporto per la realtà virtuale, il 26 febbraio 2016. Potete pre-ordinarlo su Steam o Humble Store.

 

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