Days Gone 2 sembra che non vedrà mai la luce, ed è un peccato, perché quando giocavo al primo non facevo altro che pensare al sequel.
Le notizie delle ultime settimane per quanto riguarda Sony e la riorganizzazione interna del suo budget e dei team di sviluppo non sono certamente cadute nel vuoto, anzi. Tutte queste voci, parzialmente confermate dalle dimissioni di alcuni membri importanti dell’enorme organigramma dell’azienda nata in Giappone, non fanno altro che spingere i videogiocatori a riflettere. In un enorme puzzle di considerazioni e di riflessioni, abbiamo scelto, per il momento, di parlare di quello che sembrerebbe essere il progetto più grande (potenzialmente parlando) ad essere stato colpito (a patto che tutto sia vero): Days Gone 2.
L’incapacità di diventare un fenomeno generazionale, da quando è uscito su Playstation 4 lo scorso 26 aprile 2019 pare sia stato mortifero per il progetto. Infatti pur avendo un relativo successo commerciale in termini strettamente numerici, parliamo comunque di un’esclusiva Sony, pubblicata da Sony e pompata fino allo sfinimento nei mesi precedenti, in tanti sono rimasti scontenti dal titolo. E questo, oltre al punteggio su Metacritic di “appena” 71, stando a quanto affermato dal direttore di Days Gone John Garvin, avrebbero di fatto distrutto ogni possibilità per SIE Bend Studio di lavorare ad un sequel. E questo è certamente una cosa triste per tutti i videogiocatori oltre che per gli sviluppatori in questione. E anche per me, perché io aspettavo tanto un sequel.
Days Gone non mi è piaciuto, affatto. Non sono mai riuscito a sentirmi attaccato al Deacon, troppo perfetto, troppo buono, troppo stereotipato, troppo protagonista della classica “americanata”. Nel 2014 con un episodio strappalacrime avevamo detto addio al motociclista per antonomasia nell’immaginario collettivo: Jax Teller, protagonista di Sons of Anarchy. Deacon, inevitabilmente, si ispira un po’ a Jax, ma non riesce a catturarne le sfumature. E Days Gone non riesce a darci neanche per un istante una storia che ci prenda come quella di The Last of Us (altro lavoro a cui si ispira, come dovrebbero fare tutti). Non ha uno shooting e un’interazione ambientale piacevole come Red Dead Redemtion 2, uscito l’anno precedente. Non è divertente e sopra le righe come Death Rising.
Days Gone si prende troppo sul serio, senza averne la motivazione. Ogni attimo del gioco, dalla pessima esperienza al volante ai dialoghi blandi, passando per una IA inesistente (questo difetto accomuna però veramente tanti titoli), e un “vorrei ma non posso” che vi accompagna durante tutta l’avventura. Ibrido non funzionante, tranne il tuning della moto e il meccanismo delle orde, che però non modificano il mondo di gioco, c’era davvero tanto su cui lavorare per fare di Days Gone un grande gioco. Ed è per questo che mi dispiace molto che sia stato (per il momento?) cancellato Days Gone 2. Perché sotto l’ala protettiva e le salutari pressioni di Sony, ne sono certo, il sequel avrebbe potuto fare passi avanti importanti come ormai Sony ci ha abituato in questi anni. Infatti è propria così che ho vissuto Days Gone, come una sorta di enorme e lunghissima (troppo!) tech demo che poteva diventare un gioco importante con un secondo capitolo di livello. Magari non proprio come il tante volte qui citato capolavoro di Naughty Dog o i recenti lavori di Santa Monica, ma magari una degna spalla insieme a Ghost of Tsushima per arricchire l’offerta Sony. Perché la morte di un progetto non può mai essere festeggiata.
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