Il videogioco è un oggetto complicato. Ci sono persone che definiscono i titoli di David Cage, e di conseguenza anche le avventure Telltale, dei non-giochi. Non sono tra quelli, assolutamente, anzi credo che la presenza di una scelta da parte del giocatore, nonché di un contesto interattivo, sia sufficiente per far assumere al software un carattere ludico. Per me sono videogiochi a tutti gli effetti persino le tanto bistrattate visual novel. Anzi, talvolta sono persino migliori di opere più stratificate e sistemiche.
Tutto questo preambolo serve a introdurre la recensione di Until Dawn, di cui molti parleranno male, a mio avviso, per i motivi sbagliati. Già le sento, le critiche: “Questo non è un videogioco, dov’è la sfida, dov’è la difficoltà?”. No, non è quello il problema, fidatevi. Il problema è che, lo dico brutalmente, è scritto con i piedi.
Il problema è che, lo dico brutalmente, è scritto con i piedi.
Il titolo Sony, infatti, riprende il modello interactive drama di David Cage, proponendo però una trama basata sui classici “slasher movie”, ossia quei film dove un gruppo di giovani malcapitati finisce rinchiuso da qualche parte alla mercé del tipico maniaco di turno. Un classico. E, proprio per questo, Until Dawn inciampa rumorosamente. Gli “slasher” movie, infatti, nonostante siano stati da sempre etichettati come un genere di serie B, sono dei film che hanno saputo generare dei veri e propri capolavori horror, come Venerdì 13 o Halloween. Per un gioco che si basa tutto sulla narrazione, ci si sarebbe aspettati dunque che Until Dawn copiasse in maniera accurata questi titoli, ricavandosi poi un’identità propria. Peccato che non sia affatto così.
Anche il livello di violenza, per inciso, è piuttosto ridicolo e, spiace dirlo, “da videogioco”.
Until Dawn infatti commette lo stesso errore di Cage in Beyond: Due Anime, ossia copiare pedissequamente un modello narrativo e delle scene madri entrate nell’immaginario collettivo, aspettandosi che la formula funzioni perché: “Ehi, è Venerdì 13 in versione interattiva”. Pensare di utilizzare un template già esistente e renderlo giocabile è, a mio avviso, uno degli errori più imperdonabili che si possa fare, perché i media sono profondamente diversi e richiedono quindi delle attenzioni specifiche. È qui che dovrebbero lavorare gli sceneggiatori e i game designer, all’unisono. Tutto questo non è successo in Until Dawn, che si limita a essere non un omaggio, bensì una pallida imitazione di capolavori horror come quelli che abbiamo citato più sopra. Una copia carbone, una squallida cineseria.
Prima di tutto, questi film ci hanno insegnato che, per provare un minimo di affezione nei confronti del cast, per poi colpire come un pugno allo stomaco quando uno di essi viene ucciso, ci deve essere un minimo lavoro di costruzione e caratterizzazione dei personaggi. Bisogna entrare nelle loro vite, almeno temporaneamente e assistere a una graduale costruzione che monta la tensione. Spesso negli slasher ciò avviene grazie a un sottotesto sessuale, che si ricollega alla pruriginosa morale protestante che caratterizza queste pellicole.
È un vero peccato, perché Until Dawn si basa su un motore grafico e su una direzione artistica davvero ottime.
Il tipico setup è che la coppia di innamorati del gruppo finisce a letto insieme (prima del matrimonio, ovviamente!), e uno di loro due viene, inevitabilmente, brutalizzato dal mostro di turno. Ma naturalmente nei videogiochi non si può parlare di sesso, per cui viene completamente a cadere l’aspetto punitivo, che è uno dei cardini degli slasher. Anche il livello di violenza, per inciso, è piuttosto ridicolo e, spiace dirlo, “da videogioco”. Questo è solo uno dei tanti esempi di come il lavoro di mimesi degli sviluppatori si sia svolto solamente a livello estetico, senza andare a fondo nella psicologia del genere.
Il motivo per cui giochi come Life is Strange funzionano è che nascono anch’essi come versione interattiva di un’opera pre-esistente (nel caso dell’ottima avventura Dontnod, ora quasi al suo termine, si tratta di opere come Donnie Darko, Six Feet Under, Il giovane Holden), ma che gradualmente, grazie alla forza della scrittura, costruiscono personaggi interessanti e bivi morali genuinamente difficili da sostenere. Ed è lì che scatta la magia.
È un vero peccato, perché Until Dawn si basa su un motore grafico e su una direzione artistica davvero ottime, soprattutto per quanto riguarda la riproduzione dei volti. Interessante anche l’effetto farfalla, il quale fa sì che le vostre scelte si ripercuotano con effetti a lungo termine. Il che dovrebbe sorprendervi e spiazzarvi, ma ciò non succede, perché si gioca (sì, è più che mai il termine giusto!) con un gruppo di fantocci. Tanto rumore per nulla, dunque. E seguite il nostro consiglio: rispolveratevi un DVD di Venerdì 13.
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