Il social che una volta chiamavamo Twitter si sta ultimamente popolando di immagini e brevi video sotto forma di gif prodotti a partire da inquadrature prese all’interno dei videogiochi grazie alla cosiddetta Photo Mode.
All’inizio è sempre qualcosa di nuovo, un orpello che un po’ come i metri quadri in più dei parcheggi nella gara infinita tra centri commerciali serve a conquistare qualche giocatore o qualche giocatrice in più.
Ma guardando proprio per esempio a quello che tanti giocatori di Cyberpunk 2077 e di Starfield, tanto per prendere due dei titoli più in voga nel momento, stanno producendo attraverso la modalità Photo Mode e stanno condividendo sui social risulta evidente come ormai la Photo Mode non sia più un trucchetto né tantomeno uno specchietto per le allodole.
Giochi grandi e piccoli sono spesso forniti di questa funzione o nel momento in cui escono per la prima volta o con uno dei primi aggiornamenti. E cosa ci dice questa nuova feature del modo in cui i giochi vengono fruiti e anche del modo in cui i videogiochi vengono prodotti?
La Photo Mode nasce di certo non con Cyberpunk 2077 né con Starfield né con God of War ma è sempre stata presente in un certo senso. Quando ancora si giocava solo su PC bastava fare cattura schermata per avere una istantanea di un angolo di un livello magari particolarmente ben riuscito o talmente tanto buggato da essere esilarante.
È evidente però che con l’esplosione dei social la necessità di condividere tutto, e quindi anche ciò che si sta facendo mentre si gioca, ha trasformato in parte questo trucco da tastiera in una funzione che i team di sviluppo hanno iniziato ad inserire nei videogiochi sempre più spesso.
In alcuni casi forse può risultare ridicola o solo un po’ fuori luogo ma altre volte è uno dei modi in cui fruire del lavoro fatto dai team di sviluppo mettendo in pausa la frenesia dell’azione. Basti pensare proprio a tutto quello che si sta riversando su X prodotto da chi gioca all’interno di Starfield che sembra fatto per la Photo Mode con i suoi paesaggi illuminati come se fossero set di Villeneuve e gli ambienti creati o ricreati per interagire con i giocatori.
C’è adesso da parte dei team di sviluppo anche la corsa a dare a giocatori e giocatrici qualcosa di cui parlare che vada oltre le meccaniche di gioco o l’endgame, perché è chiaro che l’esperienza di gioco va oltre la console o il PC e viene condivisa e nella condivisione c’è chi vuole non solo la parola scritta ma magari anche l’inquadratura scenografica o la gif animata.
In alcuni giochi la Photo Mode viene utilizzata come espediente per superare missioni, e ce n’è un esempio in Ghostwire Tokyo, altri giochi ruotano completamente intorno alla Photo Mode come per esempio Toem ma anche quei giochi che non sono pensati per essere attraversati come attrazioni turistiche c’è sempre modo di mettere tutto in pausa e godersi il panorama.
Che stia effettivamente nascendo una nuova forma di fotografia digitale? Noi siamo favorevoli: quello che non vorremmo è che come certa cinematografia anche i videogiochi comincino a gareggiare a chi è più bello dimenticandosi di essere esperienze immersive.
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